Devo stare calmo. Altrimenti mi parte la brocca e questa recensione la chiudo in tre frasi, per altro ricolme di insulti. Allora, partiamo da lontano, dai. Matt Harvey è un simpatico ometto di San Josè, California. Il Nostro ama il metal, in particolare il death e il thrash, e ha suonato di talmente tanti gruppi che potrebbe chiedere le royalties perfino ai Chipmunks. Harvey ha una venerazione totale per Chuck Schuldiner e i suoi Death e negli anni non solo si è divertito a coverizzare la qualsiasi, ha persino fondato i Left To Die (con tanto di logo che richiama quello della band di Orlando) con il suo amico Gus Rios e gli ex Death Terry Butler e Rick Rozz, progetto che oltre a dischi in studio ha portato live gli album Scream Bloody Gore e Leprosy; ma il suo folle amore, direi morboso a questo punto, ha trovato il suo massimo sfogo con i Gruesome (con lui Robin Mazen al basso, Daniel Gonzalez alla chitarra e il succitato Gus Rios alla batteria) che arrivano al terzo disco in studio, Silent Echoes.
E qui iniziano i problemi. Perché se posso arrivare a comprendere, e in una certa misura anche ammirare tale dedizione per un musicista, dall’altra non posso accettare che si siano pubblicati tre album in studio, tra l’altro sotto un’etichetta di un certo nome e spessore – Relapse Records, mica pizza e fichi – che suonano in maniera IDENTICA ai Death originali. Cioè, parliamo di brani che sono uguali in tutto: stesso growl stridulo, stesso riffing serrato e schizofrenico, stessi stop and go, stessi pattern, stesso lavoro di cucitura del basso, ecc ecc. Passi un disco, passi un EP, passi anche un tour; andare avanti per dieci anni mi sembra un pelo eccessivo. Non capisco il senso di investire tempo e denaro per andare a produrre dischi che sono sì divertenti, sì suonati molto bene, che fanno battere il piede e scapocciare e corna al cielo, ma che potrebbero essere semplicemente dei brani avanzati dagli archivi dei Death, ripescati dopo la scomparsa di Chuck e risuonati da altre persone.
Guardate, l’avessero messa così, l’avrei accettata, sarebbe stato molto più semplice mandare giù questo cucchiaio di sabbia (per non dire altro, ché oggi devo stare calmo). Un disco che ha brani da 8, sul serio. Ma per i motivi di cui sopra si prende meno della metà, almeno qualcosa di sincero ed originale lo potete trovare. Spesso si parla di Intelligenza Artificiale nella composizione dei dischi: questo Silent Echoes potrebbe esserne la prova lampante. Se solo Skynet si fosse fatto i cazzi suoi…
(Relapse Records, 2025)
1. Condemned Identity
2. A Darkened Window
3. Frailty
4. Shards
5. Silent Echoes
6. Voice Within The Void
7. Fragments of Psyche
8. Reason Denied