Vi piace il black metal? Vi piace l’avanguardia? La musica folk? Le nenie infantili? Ecco, se tutto ciò è nelle vostre corde, questo disco fa per voi. Incuriosito dai colori vivaci della copertina, dal nome particolare della band, ho voluto capirne di più. Dietro il nome Am I In Trouble? si cela la figura di Steve Wiener, trentottenne americano, polistrumentista, già dentro ad altri progetti come i Negative Bliss e Ashenheart, il quale va a costruire un sound molto particolare e ricercato, con una commistione calibratissima tra vari generi, spesso agli antipodi, come il giorno e la notte. Wiener si porta dietro un po’ di amici: Chris Barber, batterista dei progster Turbulence, Ember Belladonna, flauto dolce e già con Hell Hounds, Adon, Lycanthro; ma anche Alex Loach, ugola al vetriolo degli Ashenheart e la coppia di amici dei Negative Bliss, ossia Jonathan Hernandez, voce, e Paul Shyrock, chitarra. D’altronde è proprio lo stesso Wiener che ci dice: “A cosa serve essere in più band se non puoi ospitare i tuoi compagni in un tuo disco solista? Nonostante i progetti solisti siano meravigliosi a modo loro, sono un chiaro promemoria della magia che deriva solo dall’essere in una band con altre persone“.
Il Nostro ha le idee chiare: spiazzare l’ascoltatore, e nel farlo non mandare tutto in vacca con improbabili mischioni e/o azzardi artistici senza capo né coda. Mantiene le promesse della sua scrittura? Ma soprattutto, mantiene le MIE premesse fin quei raccontatevi? Direi che la risposta ad entrambi i quesiti sia un lapidario “eccome se ci riesce!”. Il concept dell’album, diviso in tracce intitolate ognuna con un colore diverso, tratta sostanzialmente la disperazione umana, lasciata vagare tra mille e più fallimenti, rovinose cadute, macerie di carne, destini segnati. Musicalmente Spectrum vuole essere “Una lettera d’amore all’eclettismo e alla sperimentazione mostrati nell’esplosione del black metal d’avanguardia tra l’inizio e la metà degli anni 2000“. Difatti la prima traccia “Yellow”, strumentale, sembra un improbabile intreccio tra un carillon, una marcia allegra da sagra del paese, con un fantasma di Hackettiana memoria a vigilare su settanta secondi – tanto è la durata dell’intro – che vanno a schiudersi nella seconda canzone “White”, la migliore del lotto: “White” è un meraviglioso affresco progressive rock, dove trovano asilo robusti pattern ritmici e un black metal ferale, tra vocals pulite, delicate e sognanti – la luce – e scream violentissimi – il buio. “Pink” inganna nei primissimi secondi, ci appare come un delicata coda della precedente salvo poi deflagrare in un blackened hardcore che, incredibile a dirsi, riesce ugualmente a regalarci splendidi spaccati melodici, perfettamente incastonati come preziosi diamanti dentro caverne antichissime. La successiva “Red” accentua il tutto, un carosello avantgarde che prende il black metal, lo enfatizza, lo inebria, pare di ascoltare i Dødheimsgard flirtare con i Tactile Gemma fino a fottersi a vicenda, a sangue, sudore, liquidi acidi dappertutto. Lo sfogo strumentale, “Blue”, tra folk, prog rock, qualcosa che ricorda persino Joe Satriani, è una delicata carezza prima che “Black” schiuda tutta la sua rabbia bipolare tra soavi vocalizzi dal forte imprinting Seventies e latrati degni di Garmr davanti alla caverna chiamata Gnipahellir. Spectrum si conclude con “Green”, gemella siamese di “Yellow”, in un loop che induce allo smarrimento, all’appagamento, al tutto e al niente.
Finito l’ascolto si esce provati ma felici, perché Spectrum degli Am I In Trouble? è una di quelle sorprese che mantengono viva e in salute la musica che tanto amiamo.
(Autoproduzione, 2025)
1. Yellow
2. White
3. Pink
4. Red
5. Blue
6. Black
7. Green