Il progetto milanese LACITTÀDOLENTE torna con il suo secondo disco, a cinque anni dal debutto Salespeople, con un nuovo album che ribadisce un concetto semplice: c’è della grande musica in città, c’è da esser felici, anche se le tematiche trattate nei testi, specchio sincero della società attuale, dovrebbero confinarci in un angolo buio, condannandoci a piangere sangue per il resto della nostra esistenza. Questo nuovo album in studio è particolare: al suo interno le canzoni non hanno una struttura classica, non ci sono impalcature note, è pura acrobazia sul filo, senza alcuna rete di protezione. Brani che prendono a piene mani dai rigogliosi bacini math rock, noise e hardcore, brani che diventano post ancor prima di esserlo definitivamente. Un disco che non ha praticamente un riff, ci saranno forse due/tre accenni a qualcosa che possa ricordare una ritmica, una linea melodica, perché per il resto del lavoro le chitarre sono una scudisciata continua ai padiglioni auricolari.
Una band che è passata dalla classica formazione a quattro elementi a diventare un power duo, concentrando così tutta la rabbia e l’emergenza di un sound crudo, capace di creare un muro altissimo e di uno spessore impossibile da penetrare. La durata esigua del disco è ugualmente centrata, perché in soli 33 minuti Federico Golob (voce, chitarra, basso) e Guido Natale (batteria) riescono a condensare al suo interno tutti i paradigmi dei succitati generi di riferimento. Ma nel farlo, attenzione attenzione, risultano convincenti, dal taglio fresco, decisamente riconoscibili nel panorama estremo – e non solo italiano – smarcandosi abilmente dalla trappola, sempre seducente, del facile citazionismo. In a world full of nails I have got nothing but my hands è una prova di forza, mente e corpo che ricevono input massacranti ogni secondo, si perde spesso il senso dello spaziotempo, i Nostri come detto non utilizzano riff che possano stabilire un minimo di orientamento, lasciando l’incauto ascoltatore in mezzo ad una grandinata violentissima. Alla fine dell’ascolto ci si ritrova pesti, ammaccati, spaesati, con un profondo senso di inquietudine. Federico e Guido demoliscono tutto, macerie al loro passaggio, pochissime probabilità di vita, uno scenario desolante, sapido nel suo raccontare la vita di tutti i giorni, oleoso nell’incollarsi all’anima, una civiltà ridotta ad una tartare di carne putrescente. Un ritorno discografico che prende leggermente le distanze dal debutto, rallentando sensibilmente la velocità dei brani, andando più su midtempo che mischiano addirittura il doom più tenebroso, con quelle chitarre dal gorgoglio sulfureo, con la schizofrenia dell’hardcore più parossistico.
Con una produzione ottima, che rende cristallina una proposta artistica che siamo abituati ad ascoltare sporca, ruvida, sabbiosa, la Toten Schwan Records piazza un colpo vincente, l’ennesimo, per un catalogo ed una filosofia musicale/artistica di tutto rispetto. LACITTÀDOLENTE ci regala un disco meraviglioso, una testimonianza preziosa della vita che sa essere amara, violenta, senza luce. Un disco che andrebbe infilato in una capsula del tempo, un testamento per chi resterà.
(Toten Schwan Records, 2025)
1. In a world full of nails…
2. Crushed under the ho(a)rd(e) / in the rarified air
3. (all they want is) A clear conscience and a fat paycheck.
4. A lever fiddled with, weightless (Venal II)
5. (It’s) clearance season.
6. As my nails on this coffin leave no trace
7. Neon death (Forever on the payroll)
8. With sinews ripped
9. Foaming at the mouth,
10. …I have got nothing but my hands.