
La Ruptured Records è un’etichetta libanese da sempre attenta a tutte quelle sonorità che gravitano nell’area mediorientale. Non poteva quindi non finire per incontrare sul proprio percorso un’artista eclettica come Claudia Khachan, e aiutarla nella realizzazione della sua seconda release, dopo l’EP di debutto realizzato sul finire dello scorso anno. In questa occasione, a lei si affianca una figura di spicco della musica libanese come il produttore Ziad Moukarzel. The Vapornet, la creazione che hanno realizzato insieme, consta di soli cinque brani, che sono però più che sufficienti per capire come il Medio Oriente sia una fucina inesauribile di talento in ambito sonoro. La Khachan ha scelto il suono come strumento per arrivare a sondare le profondità dell’animo umano, in un gioco di rimandi a distanza con Moukarzel, mentre, davanti a loro, si estende l’orizzonte, e l’occhio si perde, tutto diventa indistinguibile e sfocato, fino al punto di metterne addirittura in dubbio l’esistenza.
Un suono, quello della coppia composta da Khachan e Moukarzel, che distrugge le nostre placide quotidianità, e ci porta a pensare in un modo differente, distante, diverso e meno disincantato. In un territorio liberato dai confini concreti, i contributi dei due si intrecciano, si annullano, si sommano e rinascono dalle loro ceneri, in un vortice ipnotico che è anche, tra le altre cose, l’eco di un mondo lontano, ma che possiamo percepire (immediatamente) come tutto tranne che alieno. The Vapornet è quindi un abisso sonoro in cui prende forma un immaginario sfocato, dove la foschia impedisce che lo sguardo arrivi lontano, dove il cuore vorrebbe battere e sognare, attraverso un’aridità che non è solo quella terrena, ma è anche quella della terra arsa che brucia sotto il sole di un Libano ancora una volta in fiamme. Un disco che emana tensione, ma senza gridare il proprio dolore, le proprie paure, andando a sancire un debutto molto interessante, ricco di classe ed eleganza. Cinque momenti catartici che ci conquistano, e che sanciscono la nascita di un amore che sboccia libero e travolgente, in un connubio presenza – assenza che raggiunge vette elevate di lirismo espressivo.
Il mondo che ci raccontano Claudia Khachan & Ziad Moukarzel viaggia al rallentatore, con melodie che giungono come frammenti, e svaniscono prima di stabilizzarsi. Il duo modella un terreno di sibili d’organo, mormorii di basso e voci lontane che affiorano brevemente, per poi scomparire nella sfocatura di una foto in movimento. Sotto tutto questo c’è una silenziosa insistenza, una pressione che non riesce mai a sfondare del tutto. L’album, da un punto di vista concettuale, non è interessato alla risoluzione, ma sceglie di indugiare nella tensione della distanza, nell’intimità di un ascolto attento di ciò che potrebbe dissolversi, come una gemma custodita con cura. Un album frammentato, ma che si lascia legare da quella voglia di conoscersi, di aprirsi, di liberarsi, di concedersi, in un continuo rimando di malinconia sottotraccia in cui la Khachan canta, sussurra, recita, sospira, ingoia silenzi, in una parola sola seduce.
(Ruptured Recods, 2025)
1. Gone Beginnings
2. In Memory Of April
3. Feel Me
4. Lavender
5. Spitfire 67


