
Non si può non apprezzare l’operato dei nostrani Sedna.
Attivi da ormai quasi quindici anni i cesenati hanno nel tempo affinato le loro armi sonore, modificando una proposta che si è fatta via via sempre più complessa, matura e stratificata, senza perdere mai di vista però un riferimento che di fatto è una costante nelle proposte musicali dell’ensemble: la catarsi. Il qui presente Sila Nuna per fortuna non fa eccezione e conferma pienamente il percorso di crescita e contemporaneamente la voglia dei Nostri di assorbire l’ascoltatore in coltri sonore dense e asfissianti, anche se stavolta si cambia la tematica di fondo. Citando il presskit: “questo nuovo album dei Sedna, infatti, abbandona il lato mitologico e astronomico affrontato nei quattro capitoli precedenti per addentrarsi nella mitologia Inuit, raccontando miti e leggende delle popolazioni dei ghiacci.” I titoli dei brani riflettono questa scelta andando a pescare miti e divinità di questo popolo del nord, fino a tirare in ballo la stessa Sedna, che oltre a dare il nome alla band stessa è anche la dea del mare secondo la mitologia Inuit, selvaggia, furiosa e vendicativa nella sua strenua difesa delle creature marine nei confronti delle angherie dell’uomo.
Musicalmente il gruppo, forte anche di una line-up rinnovata e di un meticoloso lavoro alla ricerca del suono migliore, ha operato una sintesi perfetta tra la melodia, le digressioni “post-” liquide ed eteree, e la violenza del black metal, attingendo in maniera eguale dalle precedenti fatiche per arrivare a un disco complesso, oscuro e riflessivo, che mantiene come tratto distintivo la già citata pulsione catartica e l’interpretazione vocale di Alex Crisafulli, il quale accompagna i racconti musicati dai Nostri con un cantato disperato e lacerante e un approccio chitarristico chiaroscurale che alterna pause, silenzi, crescendo atmosferici e momenti di rilascio della furia. “Amarok”, Tulugaq e “Arnajuinnaq” sono assai rappresentative in tal senso, ma possiamo tranquillamente affermare che si tratta di un modus operandi tipico dei Nostri, che contribuisce alla realizzazione di veri e propri mantra sonori (quasi Cascadian per chi ha familiarità con questa nicchia di black metal atmosferico nordamericano) che faranno la felicità di chi ama perdersi nella musica che ascolta. E parlando di riferimenti musicali per chi scrive gli Altar Of Plagues sono da sempre stati il pallino dei Sedna, e con Sila Nuna i ragazzi confermano ancor più la propria capacità di eguagliare in termini emozionali l’operato degli irlandesi. L’album è composto da dieci tracce, cinque delle quali (inclusa l’intro) costituiscono ponti strumentali e atmosferici di raccordo: la fusione dei brani è totale, e un ascolto ad occhi chiusi costituisce un’esperienza trasportante e assolutamente coinvolgente. Da annotare inoltre le collaborazioni con due membri degli Psychonaut 4 (S.D. Ramirez e Giò in due pezzi diversi) nonché della cantante Agnese Alteri, la quale presta la sua voce nella conclusiva “Sedna”, vero e proprio manifesto di questo disco e della nuova carriera musicale dei cesenati.
Sila Nuna è il canto della maturità dei Sedna. Non che i lavori precedenti siano stati brutti (all’opposto, l’asticella è sempre stata alta, con un picco che personalmente individuiamo in Eterno), solo che stavolta si è trovato una quadratura perfetta, una sintesi e al tempo stesso una nuova forgia di sonorità da sempre presenti nel DNA dei Nostri, ma che qui risplendono di una nuova, gelida e feroce luce.
(Dusktone, 2025)
1 Niruaq
2 Torngarsuk
3 (Qimmuktuq I)
4 Amarok (feat. Giò from P4)
5 (Qimmukruq II)
6 Tulugaq
7 (Qimmuktuq III)
8 Arnajuinnaq
9 (Qimmuktuq IV)
10 Sedna (feat. Shoco from P4 and Agnese Alteri)


