
I Novembre sono fatti per creare emozioni. Sin dal loro esordio del 1994 i capitolini sono sempre riusciti a creare una certa magia con la loro musica, incanalando in maniera perfetta quello che il loro nome, e di conseguenza la volubilità della stagione che lo accompagna, portano alla nostra mente. Chi scrive ha sempre nutrito un grandissimo rispetto e amore nei confronti della musica dei fratelli Orlando (prima) e del solo Carmelo (ormai da qualche anno a questa parte), vedendo nella proposta dei romani la risposta italiana a quel filone che tra gli anni Novanta e Duemila viaggiava a cavallo tra doom, prog metal, death melodico e gothic. Aggiungiamo, più che una risposta, un vero e proprio gigante in grado talvolta di svettare e di guardare dall’alto in basso certi altri mostri sacri dei generi sopra citati.
Eppure.
Eppure qualcosa si è rotto. Vuoi l’abbandono di Giuseppe Orlando e, proprio di recente, di Massimiliano Pagliuso, vuoi l’accentramento continuo nelle mani del solo mastermind Carmelo, vuoi certe derive che hanno portato quasi più all’auto-citazionismo, fatto è che ormai da un paio di uscite a questa parte la fiamma sembra essersi raffreddata e le emozioni sembrano latitare. Si tratta di un’opinione assai personale che, anche alla luce delle recensioni che possiamo trovare online, potrà non essere condivisa dai più, ma troviamo giusto sollevare qualche dubbio ed incertezza sull’ultima prova dei Novembre, di fatto un fulmine a ciel sereno (nessuno si aspettava una nuova loro uscita), questo Words Of Indigo che esce, appunto, nel penultimo mese di questo 2025. L’apertura “Sun Magenta” è un hook diretto a The Blue e Materia. Non neghiamo di aver provato un vero e proprio brivido (al pari di quello provato, qualche mese fa, quando i The Cure se ne sono usciti dal nulla con “Alone” loro primo singolo dopo anni di silenzio che ha anticipato Songs of a Lost World). Ci siamo sentiti a casa, trasportati indietro nel tempo, avvolti da quelle atmosfere familiari, languide, caliginose e malinconiche, crepuscolari e appunto novembrine che da sempre sono il marchio di fabbrica dei Nostri.
Eppure.
Eppure qualcosa ha iniziato a scricchiolare. I capitolini hanno mantenuto la loro eleganza, la loro grandeur, il loro saper produrre riff sopraffini, certosini e magniloquenti, alle volte barocchi nella loro bellezza, ma stavolta si affaccia, ancor più prepotente che con il precedente URSA, un senso quasi di horror vacui piuttosto destabilizzante. Il riffing è quello splendido e inconfondibile, ma non è funzionale alla forma-canzone, è anzi destrutturante: la maggior parte dei pezzi suona quasi come un patchwork di momenti diversi, accozzaglie di melodie e di mood belli, è indubbio, ma scollegati. E questo, almeno a chi scrive, ha dato davvero fastidio e ha fatto crollare ogni iniziale entusiasmo. Se fino almeno a “House Of Rain” inclusa (notevole la partecipazione di Ann-Mari Edvardsen dei 3rd and the Mortal, già con i Nostri nella favolosa cover di “Cloudbusting” presente in Novembrine Waltz) questo difetto si affacciava solo a tratti, nella seconda parte dell’album diventa una costante, e solo “Chiesa dell’Alba” si stacca da questo leitmotiv infelice. Words Of Indigo aveva generato delle aspettative incredibili nel cuore di chi scrive, sicuramente dovute in larga misura al già citato amore verso i capitolini, e forse anche per questo la delusione è stata ancora più cocente. Per trovare un’opera 100% Novembre è necessario forse tornare a Materia (anche The Blue, se vogliamo passare sopra a certi piccoli passi falsi che al tempo aveva mostrato), senza ovviamente andare a scomodare i capolavori precedenti che tutti conosciamo, ma non ce ne vogliate se ci affranchiamo da questa disamina con un giudizio basso, soprattutto se confrontato con la pioggia di lodi sperticate che provengono dalla stampa. Aggiungiamo che, paradossalmente e al netto di generi diversi (seppur con atmosfere assai simili), se questo album fosse uscito l’anno scorso il confronto con New Wave Order dei concittadini The Foreshadowing sarebbe stato inevitabile, e l’avrebbero spuntata i secondi, e di numerose lunghezze.
Lo ribadiamo, in conclusione: riteniamo corretto sollevare qualche dubbio, soprattutto su due aspetti che, a parer nostro, sembrano minare la proposta dei Novembre attuali, la mancanza di coesione nelle idee messe in musica, e un eccessivo auto citazionismo che genera dei collage sonori barocchi (in senso negativo stavolta) e assai difficili da seguire.
(Peaceville Records, 2025)
1. Sun Magenta
2. Statua
3. Neptunian Hearts
4. House Of Rain
5. Brontide
6. Intervallo
7. Your Holocene
8. Chiesa Dell`alba
9. Ipernotte
10. Post Poetic
11. Onde


