
Giunge tra noi il primo full del duo tedesco Mellowdeath, in tutta la sua inusitata natura. Ha come titolo lo stesso nome di chi l’ha concepito, va da sé che dovrebbe avere un peso notevole in fatto di rappresentanza, chissà che questo non rappresenti solo una delle connotazioni della band. Uno zoom aggressivo sugli occhi del personaggio in scena alla luce dello sconvolgente twist di un giallo settantiano all’italiana. Un diabolico loop di elucubrazioni da detective in un’indagine su un misterioso fatto di sangue del quale non sembra esserci soluzione. E perché no, un essere extraterrestre che comunica a un radioamatore tramite un vetusto dispositivo futuribile in una scena di un ipotetico Twilight Zone dal sapore drammatico per essere la sua epoca. E poi praticamente qualunque scena dal sapore onirico venuta dalla mente di David Lynch. E poi, e poi, e poi… Parlando di questo album è forse molto più semplice farlo per immagini. Per sequenze di natura cinematografica che alcuni di noi conosco bene o potrebbero conoscere.
Il jazz deviato, oscuro e sospetto qui presente che parla in maniera così evocativa non può non essere associato a un’estetica che diamo per scontata in un immaginario collettivo tanto pop quanto d’autore, appurato con adamantine certezze, consolidate in decadi di cinema, di narrativa e di musica applicata ad esse. Mellowdeath è un disco fatto di canzoni, certo, come tutti i dischi, ma queste non sono canzoni. È una di quelle occasioni in cui i brani sono fatti di musica, pura musica. E sì, forse questo potrebbe sacrificare ciò che molti intendono quando si parla del motivo dietro l’esistenza di data musica: il messaggio. Forse. Ma non dobbiamo dimenticare che la musica fin da tempi che Socrate, 400 anni prima di Cristo, riteneva indatabili, la musica ha avuto come ragion d’essere l’imitazione dei suoni della natura, l’espressione e il nutrimento intellettuale, la comunicazione, il coinvolgimento, la ritualità, il tribalismo e poi, molto banalmente, il piacere. Quindi perché soffermarsi e argomentare su un dettaglio così sciocco come il fatto che la musica sia strumentale o meno. Non ha assolutamente nessuna importanza. Mellowdeath gioca con l’ascoltatore ad un gioco subdolo, quello che senti realmente e quello che immagini, si mischia nella mente come un cocktail, del quale tu non riesci più a distinguere i sapori; e allora dopo un ascolto pensi “ecco, è questo ciò che ho ascoltato, questa è la realtà”, ma no, tu credi che quella sia la realtà di cosa hai ascoltato, e invece stai solo ricordando la tua versione della realtà.
La violenza, il mistero, la veemenza, la tracotanza, l’ambiguità… sono tutte caratteristiche che rappresentano questo particolare album, che non avrebbe fatto brutta figura se avesse accompagnato un capolavoro di genere come L’uccello dalle piume di cristallo. Allucinato, distorto… un disco che fa bene all’immaginazione.
(Cruel Nature Records, 2025)
1. Demon Slither
2. Omacore
3. Krankenstation
4. 1772
5. Atemlos
6. Wermut
7. Verfolgungsjagd
8. Metal Country
9. Verhallt
10. Trotziges


