
Quello degli -ii- è un progetto che vede la propria genesi nel 2018, grazie agli esiti della liaison artistica tra la cantante Hélène Ruzic e il polistrumentista Benjamin Racine. I due, accomunati da un approccio visionario all’arte, danno immediatamente vita ad una creatura aliena rispetto al mondo in cui sono confinati, che oggi, mostra tutto il suo potenziale con un album che ha catturato le nostre attenzioni in modo totale, sin dal primissimo ascolto. Nel corso degli anni, dopo un album di esordio (Extinction) pubblicato quattro anni fa, orientato verso un sound oscuro che doveva molto all’elettronica, e che oggi probabilmente non rappresenta più il loro sentire, Hèléne e Benjamin hanno progressivamente affinato la loro proposta, fino a realizzare Apostles of the Flesh, disco di grande fascino e spessore artistico che non vedevamo l’ora di poter condividere con voi qui su GotR. Come detto, il passo avanti rispetto a Extinction è innegabile. Parliamo ovviamente di un distacco che non sta tanto nei quattro anni di silenzio, quanto in una distanza legata all’approccio in fase creativa da parte dei due (che nel corso degli anni hanno scelto di allargare la formazione, aggiungendo altri due elementi, in modo da completare la line-up e dare sostanza al progetto, vale a dire David L’Huillier alla batteria e Maxime Keller al basso e alle tastiere) culminata con questo album.
Apostles of the Flesh si caratterizza infatti per un piglio molto più avvincente e più ambizioso, che sposa ed esalta il lato più intenso, più elegante e per certi versi più coraggioso della loro idea di musica. Detto che, oggi -ii- (pronunciato “two eyes“) è una delle realtà sonore più interessanti da un punto di vista di potenziale futuro in quell’ambito che rifiuta le categorizzazioni e guarda essenzialmente alla libertà espressiva, andando a sondare il disco in profondità, evidenziamo innanzitutto il fatto che si tratta di un album che gioca a nascondersi nei confini tra i generi, infilandosi negli anfratti più reconditi e rivelandosi piano, un po’ alla volta. Spazi che appartengono ad un territorio sonoro decisamente orientato verso l’oscurità, da assaporare nella sua completezza, e non spezzettato, per non falsare il disegno che sta alla base del concept del disco. Ci sarebbe molto, moltissimo da dire su Apostles of the Flesh, con tutto il carico di dettagli (tutt’altro che secondari) che la band francese ha inserito, spesso nascondendoli alla vista, all’interno dei brani, ma non ne abbiamo il tempo e lo spazio. Per cui, cerchiamo di essere concreti e concisi, e proseguiamo, affermando che si tratta di un lavoro che riesce ad essere evocativo e misterioso, ma anche ritualisticamente occulto, in un continuum che sposa una forte connotazione artistico-letteraria, esaltata dalla performance solenne di Hélène. Il tutto impreziosito dall’uso di strumenti acustici tradizionali (come kayamb, xaphoon e bouzouki) provenienti da quel “sud del mondo” che ci piace identificare come il bacino del Mediterraneo, culla che da sempre consideriamo come tra le più fertili, più animate, più ferventi, calde e affascinanti in ambito musicale. Territori in cui echeggiano atmosfere sofisticate e armoniose orientate alla musica che chiamiamo non convenzionale e che individuiamo come quella che guarda allo status quo e cerca di ribaltarlo, con un carico di energia travolgente.
Apostoles of the Flesh è in sintesi un album orchestrale di grande profondità (in cui la delicatezza di alcuni momenti è davvero sublime) che trasuda magia e mistero. Oscuro sì, ma in grado di rivelare un’anima fortemente romantica pronta a raggiungere (nuovamente) quella dolcissima bellezza che da troppo tempo rincorre vanamente. Un disco che ha personalità, è creativo, è graffiante, e che ci piace proprio perché si allontana da tutti i cliché del metal, lasciando intravedere per il futuro prossimo un qualcosa di grande, di importante, di monumentale che qui è accennato ma non ancora esploso in tutta la sua portata, in tutta la sua potenza. Un album inquietante, surreale e visionario che porteremo con noi nelle playlist di fine anno. A metà tra l’esoterismo, l’estetica pittorica e il modernismo astratto – è così che lo descrivono loro, nelle note allegate al disco, come non essere d’accordo?
(Autoproduzione, 2025)
1. The Birth of Venus
2. Digging for Blood
3. Lotis
4. Sisyphus in Red
5. The Fountain of Helicon
6. Pearls beneath the Embers
7. L’Onde et l’Abysse
8. Where the Diamonds are Hurled
9. Sisters of the Coven
10. Under the Skin
11. When Beauty is a Crime
12. Virginia’s Mirror


