Il format della compilation, inutile negarlo, è nella maggior parte dei casi poco interessante, in particolar modo quando si tratta di raccolte ideate dalle etichette per promuovere le proprie produzioni. In The Twilight, These Rocks Have Teeth è la classica eccezione che conferma la regola, e non c’è da stupirsi, dato che la label promotrice del progetto risponde al nome di Pelagic Records: non solo una garanzia di qualità delle uscite sotto alle quali pone la firma, ma anche un’etichetta coerente – proprio il filo logico dei brani è un punto di forza di questa compilation – e perseverante nel difficile mondo della musica underground.
In The Twilight… presenta l’attuale roster della label tedesca nella sua (quasi) totale interezza. Il formato è quello del doppio CD: il primo è dedicato al post-rock più delicato e introspettivo, il secondo al lato più heavy delle produzioni Pelagic, calcanti territori post-metal e sludge. Così i centottanta minuti di riproduzione scorrono in maniera agevole: sembra quasi di trovarsi al cospetto di due full length di qualche nuova, fantasiosa band, per via del fil rouge atmosferico che unisce i brani della tracklist. Ciò si palesa in particolar modo nel primo disco, in cui il genere proposto è fortemente legato al formato album, e i singoli brani estrapolati dal contesto rischiano di risultare poco interessanti, il che a conti fatti non accade.
Chiariamo sin da subito che quasi tutti i brani contenuti in In The Twilight… sono editi, già pubblicati nelle ultime release delle rispettive band. Fa eccezione “Turritopsis Dohrnii” dei padroni di casa The Ocean, brano trascinatore della compilation. Si tratta di un episodio post-rock strumentale abbastanza canonico, sebbene l’inconfondibile tocco della band tedesca sia evidente; fa senz’altro piacere sentirli di nuovo all’opera, ma c’è ben poca carne al fuoco per poter esprimere una valutazione. Gli altri big della tracklist, i Cult Of Luna, presentano un brano mai rilasciato in digitale, dal titolo “Nord”, e anche in questo caso non gridiamo al miracolo. I pezzi forti stanno in altri episodi della scaletta, ad esempio nei contributi di Mono, pg.lost e Wang Wen. Dai giapponesi, che propongono una “Cyclone” tratta da The Last Dawn (2014), sarebbe improbabile aspettarsi una magra figura; le altre due band propongono brani estratti dalle ultime fatiche discografiche, risalenti allo scorso anno, già ampiamente apprezzate sulle nostre pagine come ottimi esempi di post-rock moderno, equilibrato ed emozionante. Anche sugli israeliani Tiny Fingers, e sulla grande qualità del loro post-rock vivace ed elettronico, ci siamo abbondantemente soffermati in passato. Una vera sorpresa per chi scrive è costituita dagli EF e dalla loro “Delusions of Grandeur”, caratterizzata da un uso intelligente degli ottoni, nonché da una splendida voce, per un risultato che sta a metà fra Toundra e Oh Hiroshima. Tra le novità citiamo anche gli Spook The Horses, band neozelandese appena giunta in casa Pelagic, che con “Lurch” anticipa il nuovo album People Used To Live There, di prossima uscita.
Il secondo disco si apre con una doppietta di post-metal atmosferico e cadenzato, in pieno stile Pelagic, con i contributi di Abraham e The Old Wind. Sebbene la tracklist faccia in seguito capolino dalle parti del post-hardcore più disperato (LLNN), poi del deathcore più tecnico (Dioramic) e del prog nelle sue diramazioni melodiche (Klone) e aggressive (Hypno5e), si avverte una sorta di atmosfera comune, un rumore di fondo che permea i vari episodi, impercettibile ma innegabile come l’eco del Big Bang. Il punto di rottura è rappresentato dalle bordate di Coilguns, Lo! e Implore. Tra i brani che le intervallano citiamo due highlights: l’invidiabile gusto compositivo dei Silver Snakes, che se il mondo girasse per il verso giusto si troverebbero fra le vette del rock/metal alternativo mondiale, e il riffing funambolico e circolare dei Nebra. A chiudere la compilation troviamo ancora The Ocean e Mono, con estratti, rispettivamente, da Pelagial e Rays Of Darkness.
Guardandoci intorno noteremmo che in ambito hip-hop non è raro trovare compilation che rappresentino un’ondata, un movimento, una scena – che poi sembra proprio la migliore ragion d’essere di una release di questo tipo. Nel nostro ambiente non è la prassi, forse a causa di invidie, egoismi e onanismi vari – ma questa è un’altra storia. Poco male, in ogni caso, perché ci pensa Pelagic Records a raccogliere quanto di buono offra oggi il mondo del post-qualcosa, dello sludge più atmosferico e progressivo, di certo hardcore e doom. Che sia un’operazione promozionale poco importa, se il risultato porta in alto musica di qualità e progetti intelligenti che, ne siamo convinti, sono destinati a crescere molto bene, e lo fa con una sensibilità artistica non comune. Considerata l’attenzione dell’etichetta per la qualità delle proprie proposte, non possiamo fare a meno di ritenere questa compilation come un vero e proprio campionario del miglior panorama post contemporaneo.
(Pelagic Records, 2017)
CD #1
1 .pg.lost – Monolith
2. Mono – Cyclone
3. EF – Delusions Of Grandeur
4. Khoma – Dead Seas
5. Wang Wen – Red Wall And Black Wall
6. Cult Of Luna – Nord
7. Tiny Fingers – The Fall / Eyes Of Gold
8. Tangled Thoughts Of Leaving – The Albanian Sleepover – Part One (Edit)
9. Spook The Horses – Lurch
10. The Ocean – Turritopsis Dohrnii
11. The Shaking Sensations – Raveli
12. Takaakira ‘Taka’ Goto – Muse
13. Klone – The Last ExperienceCD #2
1. Abraham – Dawn
2. The Old Wind – In Fields
3. LLNN – Monolith
4. Dioramic – The Storm
5. Earthship – Serpent Cult
6. Klone – Rocket Smoke
7. Hypno5e – North Shore – The Abstract Line
8. Coilguns – Submarine Warfare Anthem
9. Family – Daddy Wronglegs
10. Silver Snakes – Red Wolf
11. Kruger – The Wild Brunch
12. Lo! – Orca
13. Nebra – Shoulder Of Orion
14. Hyenas – Self-Adjusting
15. Implore – Sentenced
16. The Ocean – Benthic: The Origin Of Our Wishes
17. Mono – The Last Rays