Con questo Into The Maze il one-man-project australiano AGLO arricchisce l’EP d’esordio Collector di due nuove tracce, senza deviare dalla linea già tracciata dal lavoro dello scorso anno. Questa vede il Nostro impegnato in quel death metal che deve al doom e allo sludge l’architettura imperniata sul riff, sulla linea chitarristica come colonna vertebrale da cui dipanare le vertebre che comporranno i brani.
L’iniziale “Into The Maze” è probabilmente la miglior canzone del lavoro: un riff che pare uscito da una storica produzione degli Incantation, seppur con una dolciastra patina doom che richiama agli Asphyx nei passaggi iniziali. Le partiture squadrate e le vocals sgranate del brano mettono in guardia l’ascoltatore dall’intransigenza sonora del resto dell’album: dal piglio più ignorante, alla Broken Hope, di “Darkened Mirror”, al minaccioso incedere della conclusiva “The Journey Home”, la struttura ben definita e la determinazione che caratterizzano i brani sono sempre le stesse. Su tutto, come dichiarato dall’artista ma più che lampante anche ad un primo ascolto, l’ombra benevolente del capolavoro assoluto Wolverine Blues, la cui aura dona anche ai passaggi più distesi e ai riff meno originali quel taglio groove che è la chiave per apprezzare davvero Into The Maze e dare ad AGLO il riconoscimento che merita.
Abbiamo appena discusso di un album solido – in tutti i sensi possibili – e che merita anche più di un ascolto da parte di tutti i fan del death ed, in particolare, delle sue manifestazioni più doom. Va ammesso certo che non tutti i riff (termine di giudizio dei brani, alla fine della fiera) spiccano per originalità, e che la produzione minimale dei pezzi a tratti ne penalizza il contenuto… ma per una onesta manciata di death’n’roll, questi sono oboli che si versano più che volentieri.
(Gutter Prince Cabal, 2023)
1. Into The Maze
2. Parasites
3. Darkened Mirror
4. Collector
5. Past
6. The Journey Home