In giro dal 2005, i losangelini Ancestors aggiungono con Suspended in Reflections un quarto tassello alla propria discografia, a ben sei anni di distanza dal precedente In Dreams and Time. In questo lasso di tempo la band ha riconsiderato sé stessa e il proprio songwriting, divenendo un terzetto (con il nuovo innesto di Daniel Pouilot degli Horse The Band ed ex-Silver Snakes alla batteria) e accasandosi presso Pelagic Records, dopo aver rotto un legame duraturo con la TeePee. E in effetti Suspended… si inquadra nettamente fra le coordinate dell’etichetta tedesca, abbandonando del tutto le influenze stoner e le voci imperiose à la Mastodon/Baroness in favore di un suono etereo, dilatato, che va a braccetto tanto con progressive e psichedelia quanto con il post-rock/metal. In tal modo la band fa suo un approccio compositivo più scorrevole, snellendo il materiale sonoro – non v’è traccia o quasi delle importanti sovrastrutture che caratterizzavano In Dreams and Time – fino a raggiungere una formula più semplice, comunque non diretta o banale, ma sicuramente efficace.
L’album si apre in medias res con “Gone”, che immerge in maniera istantanea l’ascoltatore nel nuovo suono della band, tracciando le coordinate dell’intero lavoro. Atmosfere impalpabili, voci pulite oniriche e un guitarwork di classe aprono ad un finale pinkfloydiano – un riferimento riscontrabile più volte nel corso della tracklist. Schema non dissimile per “Through a Window”, più post-oriented e malinconica, nella quale fa capolino un’interessante prerogativa strumentistica dei Nostri: l’organo, in quest’album un vero e proprio organo a canne Aeolian-Skinner. Da qui in poi la band si lascia permeare da più spunti e influenze, adottando di tanto in tanto soluzioni non comuni che riescono a tenere alta l’attenzione – compito non semplice in un album in cui i bpm si mantengono bassi, le trame sonore sono sussurrate e talvolta il non detto prevale sul detto. Così “Lying on the Grass” si apre con un insolito vocoder che rimanda, ci si passi il volo pindarico, persino ai Daft Punk più psichedelici. Il brano si apre a uno dei maggiori picchi di intensità emotiva del disco, per poi ritornare ad un soffuso dialogo fra pianoforte e chitarra, passaggio reso con una maestria tale che pare di avere sott’occhio l’allargarsi e il restringersi dell’onda di spettro sonoro. Ed è ancora un’altalena di momenti e di soluzioni nuove nella seconda parte dell’album, dal violino di “Into the Fall” al mood jazzy di “Release”, fino alla conclusiva “The Warm Glow”, un sunto di quanto ascoltato in precedenza – non a caso è stato uno dei singoli estratti, insieme a “Gone”: entrambi inquadrano le nuove coordinate della band. Brano più lungo dell’album, è impreziosito dalla chitarra estremamente intensa di Justin Maranga, autore di un assolo da brividi, e in esso la band si permette di alzare la voce e le distorsioni.
Suspended in Reflections rappresenta dunque un sensibile passo avanti nella discografia degli Ancestors. Spicca rispetto ai precedenti lavori, comunque più che degni di nota, per la maturità dimostrata in fase compositiva, nonché per il buon gusto palesato nelle scelte di suoni e atmosfere. Non è di certo un disco immediato: suscita interesse in breve tempo, ma è necessario approfondire gli ascolti, esserne invischiati, per apprezzarne le trame strumentali, le dinamiche, i suoni e le scelte strumentistiche. Pur non stravolgendo nulla, i Nostri riescono a confezionare un album che sperimenta senza essere a tutti i costi sperimentale, trovando infine uno stile del tutto proprio, una personalità di rilievo che potrebbe costituire l’inizio di un nuovo corso. Consigliato a chi mira a un ascolto elegante e ricercato.
(Pelagic Records, 2018)
1. Gone
2. Through a Window
3. Lying in the Grass
4. Into the Fall
5. Release
6. The Warm Glow