Questo 2021 ci ha finora regalato delle graditissime sorprese nell’ambito del black metal, ma mai avrei pensato fino a questo punto: signore e signori, ecco il ritorno sulle scene degli svedesi Ancient Wisdom. Proveniente da Umeå, la band nacque nell’ormai lontanissimo 1992 con il nome di Pain, subito dopo variato in Ancient (da non confondere con l’omonima band norvegese), formata da Vargher (al secolo Marcus E. Norman) a voce e chitarra, Andreas Nilsson alla chitarra e Ulf Andersson alla batteria, e autrice di un unico demo nel 1993. Nel dicembre di quello stesso anno la band decise di cambiare il proprio nome in Ancient Wisdom e registrò il demo Through Rivers Of Eternal Blackness, che frutterà loro il contratto con l’italiana Avantgarde Music (la band sarà una tra le prime creature musicali dell’etichetta); il loro debutto sulla lunga distanza For Snow Covered The Northland vide la luce nel 1996 e quello sarà l’unico disco pubblicato come terzetto, perché, dopo di esso, Vargher decise di proseguire da solo l’avventura degli Ancient Wisdom. Nel frattempo il risoluto artista svedese aveva fatto strada nella scena black metal, fondando nel 1995 i black/thrashers Bewitched, insieme a Blackheim (Diabolical Masquerade, Katatonia e Bloodbath), Wrathyr (Naglfar) e Reaper, e programmando la batteria nei primi dischi dei Vintersorg, ma trovò il tempo di pubblicare nel 1997 il secondo album della sua creatura primaria, divenuta ormai una one-man band, dal titolo The Calling, seguito nel 2000 dal terzo capitolo And The Physical Shape Of Light Bled. Nel 2001 Vargher entra a far parte dei Naglfar (dove milita tuttora), dove ritrova il vecchio compagno di band Andreas Nilsson e Kristoffer Olivius (Wrathyr nei Bewitched), ma, nonostante i vari impegni con le band di cui fa parte, riesce a pubblicare nel 2004 il quarto disco degli Ancient Wisdom, Cometh Doom, Cometh Death. Probabilmente il passare degli anni, gli innumerevoli impegni con le band portate avanti (nel 2007 ha trovato un po’ di tempo per mettere in piedi la band post-black degli Eudaimony, pubblicando il loro debutto nel 2013) o semplicemente una crisi compositiva hanno fatto sì che dovessimo aspettare ben 17 anni per il ritorno sulle scene degli Ancient Wisdom, ma vi assicuro che ne è valsa la pena.
A Celebration In Honor Of Death, pubblicato da Avantgarde Music, è un disco Ancient Wisdom al 100%, che ci entra dentro l’anima e ci sconquassa, accompagnandoci in un nero cammino in onore della morte, con una produzione cristallina e curata in ogni minimo particolare, segno anche dell’esperienza maturata dal polistrumentista svedese. La celebrazione in onore della morte può iniziare con “Hæc Est Mors Secunda”, intro dall’atmosfera lugubre e solenne, anche grazie alle campane e ai cori in stile gregoriano; l’urlo di Vargher spezza la solennità per un attimo e la canzone procede sulle stesse coordinate fino a “Breaking The Circle Of Life”, introdotta da chitarre e synth; questo brano è un classico mid-tempo dal riff melodico in pieno stile svedese, con la voce di Vargher rauca ed efficace e abili rallentamenti di ritmo che aggiungono pathos all’atmosfera già di per sé cimiteriale, anche grazie al sapiente utilizzo di synth e tastiere. Il terzo brano in scaletta è “Architect Of Death – Laudamus Te”, un brano lento e cadenzato, quasi doom, che ci offre dei riff melodici, malinconici e ipnotici, talvolta flirtanti con le tastiere; la voce di Vargher che recita “Adoramus Te, Glorificamus Te” e l’aura malvagia che permea sono da pelle d’oca, insieme ai synth che formano un tutt’uno con la voce del Nostro in conclusione. Il seguente salmo di morte è “The Coronation”, dai riff granitici, lenti e cadenzati, dai synth pomposi, dalle orchestrazioni ad-hoc e la solita voce di qualità che si uniscono a melodie malinconiche, formando un inno oscuro, atmosferico, a tratti struggente, dal titolo inequivocabilmente riferito al Coronavirus e alla scia di morte che ha lasciato lungo la strada; ci siamo appena ripresi dalle emozioni provate ed ecco le campane unirsi ai riff ipnotici delle chitarre in una lenta processione funebre che apre e chiude “Those Who Do Not Exist”, totalmente strumentale, e il loro binomio è squarciato nella pate centrale da melodie epiche e malinconiche che mi ricordano i Therion del periodo d’oro Lepaca Kliffoth/Theli. Stiamo quasi per giungere al termine del nero pellegrinaggio, la penultima traccia è “And God Saw”, dove un pianoforte iniziale e le solite campane lasciano il posto ad un riff energico e alla batteria cadenzata, accompagnandoci in un vortice di macabra teatralità nera, amplificata dalle tastiere sempre sul pezzo; “Ashes to ashes, dust to dust… And God saw death”, le parole di Vargher rappresentano appieno l’atmosfera che si crea durante l’ascolto di questo brano. Le campane suonano a morto, tastiere e synth infondono epicità alla canzone conclusiva “Towards Your Destruction”, dove Vargher recita il proprio sermone in onore della morte, e non può che farlo in maniera solenne, con tutta l’ammirazione musicale che può metterci, decantando un mantra funebre in un rituale maestoso e trascinante.
La celebrazione in onore della Morte è conclusa, le candele sono state spente, ma l’arte nera degli Ancient Wisdom non ci abbandona, riecheggiando ancora vivida nelle nostre orecchie e martellandoci il cervello. A Celebration In Honor Of Death è un disco forte, potente, pieno di atmosfera, che merita di essere considerato uno dei migliori capitoli di sempre nella storia del black metal recente. Alziamo le corna al graditissimo ritorno di Vargher e della sua creatura Ancient Wisdom, che alimentano con passione ed esperienza la nera fiamma.
(Avantgarde Music, 2021)
1. Hæc Est Mors Secunda
2. Breaking The Circle Of Life
3. Architect Of Death – Laudamus Te
4. The Coronation
5. Those Who Do Not Exist
6. And God Saw
7. Towards Your Destruction