(Autoproduzione, 2015)
Part I
Part II
Provenienti da Chicago, gli Angel Eyes furono per me una rivelazione quando, diversi anni fa, li scovai su internet. Il loro suono così intimista e cupo era esattamente quello che stavo cercando in un periodo non proprio facile della mia vita: brani estenuanti che prendevano quanto di meglio dai Neurosis e lo portavano in aperture struggenti dal sapore morriconiano. Non a caso il nome del gruppo proviene dal cattivissimo Lee Van Cleef, in vero stato di grazia nel capolavoro western Il buono, il brutto e il cattivo. All’epoca riuscii tramite allo store americano interpunk a recuperare il loro primo disco ed il successivo EP. Nel 2010, grazie all’ottima etichetta Mylene Seath, distribuirono Midwestern, lavoro più compatto e carico di odio per tutto quello che stava accadendo negli States in quel periodo. Poi nel 2011, con poche righe di commiato, i Nostri salutarono le scene dicendo che avrebbero dato alle stampe un ultimo disco senza specificare quando.
In questa afosa estate mi arriva da last.fm un messaggio di Brendan, chitarrista del gruppo, che si è scusato per la lunga attesa e mi ha passato un link band camp. Tralasciando il fatto che una persona mai conosciuta si sia ricordata di me dopo anni (la cosa mi ha parecchio commosso), passo a descrivervi il canto del cigno del combo. Fin dal titolo programmatico Things have learnt to walk that ought to crawl capiamo come ancora ci sia molto da dire su ciò che è accaduto in America in questi anni. Non stiamo parlando di un gruppo politicizzato ma di persone che urlano il proprio disgusto dal basso, a livello personale. Suddiviso in due lunghe suite, il disco segue in maniera più matura la strada che i nostri già ben conoscevano: parliamo della creazione di paesaggi sonori di calma apparente che esplodono in pura catarsi da fine del mondo. Le urla spasmodiche di matrice hardcore virante al black metal, già trademark del gruppo, sono il perfetto sfogo della tensione accumulata (e che personalmente amo). Più diretta e movimentata, “Part 1” gioca su feedback sovrapposti ad arpeggi languidi e rallentamenti doom che convogliano nell’epica cavalcata finale. “Part 2” si dipana lentamente come una nenia spettrale: qui le tastiere giocano un ruolo fondamentale nell’economia del brano. L’affiatamento tra i componenti della band è altissimo: gli intrecci chitarristi brillano di luce propria e la parte ritmica, pur non avendo grosse accelerazioni, è sempre fantasiosa, tanto da rendere, nonostante la durata estenuante dei brani, tutto scorrevole.
Gli Angel Eyes ad oggi sono tra le migliori formazioni post metal americane, grazie ad un suono peculiare, perfetta commistione tra epicità e brutalità, che li ha resi davvero unici. Chiunque ami queste sonorità deve fare suo Things have learnt to walk that ought to crawl. Il disco è disponibile solo in formato digitale su bandcamp nella formula pay what you want. Da collezionista in parte devo rivedere il mio pensiero, in quanto se non esistessero piattaforme digitali di questo tipo mai avrei avuto la possibilità di sentire questo disco. Io i miei 6,66 dollari li ho dati. Voi ascoltatelo. E speriamo che non sia un addio ma solo un arrivederci.
8.0