San Cutberto è probabilmente il Santo più popolare del Nord dell’Inghilterra. La sua storia è legata a doppio filo a quella della Northumbria, una regione situata a nordest e oggi sommariamente individuabile nel Northumberland e nella Scozia sudorientale. Il Santo morì sull’isola di Inner Farne e fu sepolto a Lindisfarne, ma le sue spoglie non ebbero mai pace a causa dei continui spostamenti ad opera della comunità dei suoi seguaci che, così facendo, cercavano di salvarle dall’avanzata dei Vichinghi che nel 793 DC approdarono sull’isola britannica ed iniziarono cruente razzie. Il Santo aveva però predetto tutto, dando indicazioni su come spostare i suoi resti, che per volontà divina non fu mai possibile allontanare più di tanto dai luoghi da lui individuati. Inoltre, a suggello della sua aura di santità, le sue spoglie furono trovate sempre incorrotte, intatte, nonostante il passare del tempo.
La storia del Santo e dei continui pellegrinaggi delle sue spoglie è durata quasi duecento anni, ed è oggi oggetto di rivisitazione musicale grazie al progetto di Mark Deeks, ARÐ (“terra natìa” nell’antico dialetto della Northumbria), che debutta per Prophecy Productions con Take Up My Bones.
Deeks è membro dei Winterfylleth, nei quali occupa il ruolo di tastierista, arrangiatore e voce, ma con questo progetto solista affronta un genere lontano dal black epico e feroce della band primaria, un doom metal etereo, solenne, melodico e dai toni “monastici” e sacrali. Merito in primo luogo dell’approccio vocale, a metà tra il recitato e con ampio ricorso a cori e a voci stratificate che costituiscono il contorno ideale per ricreare l’atmosfera maestosa alla base del lavoro. Da segnalare il grande apporto in questo senso di Dan Capp (ex Winterfylleth, Wolcensmen), che ha supportato Deeks nei cori e ha contribuito con le linee di chitarra. ARÐ si inserisce nel filone del doom albionico, quello più poetico e romantico, e anche se le tematiche trattate sono assolutamente nuove e divergenti da quelle solitamente messe in musica da gruppi afferenti allo stesso genere, le radici rimangono quelle. Ampio spazio quindi alla melodia, ora con lievi pennellate tastieristiche che di colpo si elevano a solenni muri di suono ora con linee chitarristiche malinconiche, sognanti e mai graffianti. A livello vocale, lo avrete intuito, è da registrare la totale assenza di growl o scream a favore di un canto pulito evocativo e sacrale. E’ facile e non necessariamente errato collegare la musica del Nostro a quanto fatto da lui con i Winterfylleth nel disco acustico The Hallowing Of Heirdom, ma non è sbagliato nemmeno prendere a riferimento i lavori di Wolcensmen, soprattutto per quanto riguarda il taglio melodico e la facilità nel rievocare scenari arcani e persi nella nebbia del tempo. Volendo per forza trovare un somiglianza potremmo forse citare i Saturnus: danesi certo, ma dotati di un’eleganza tipica di altre band albioniche, e in grado durante la loro carriera di creare un doom melodico, dolce e sognante; non sono comunque da tralasciare anche riferimenti ad altri gruppi come Funeral, Tenhi e Empyrium.
L’operato musicale di Deeks è perfetto sia nel raccontare una storia sia per descrivere con le note la natura e gli scenari desolati e immersi nella natura che caratterizzano la sua terra: castelli arroccati su scogliere, i resti del Vallo di Adriano le cui fredde e dure pietre raccontano di antiche storie e razzie, il Sycamore Gap, l’albero più fotografato dell’Inghilterra, perso nella brughiera e spazzato da fredde folate di vento… Il mare, freddo, che bagna ampie spiagge, i ritmi lenti cadenzati dalle tortuose strade che si perdono tra campi verdeggianti, sono tutte immagini che affiorano alla mente ascoltando Take Up My Bones, che di fatto riesce a raccontare più storie a più livelli confermandosi come un disco completo e a tratti davvero toccante.
Se un difetto può essere trovato nel disco di ARÐ va cercato in una omogeneità di fondo: le sei tracce sono caratterizzate tutte da atmosfere e sonorità simili, non aspettatevi pertanto cambi di tono o grossi sfasamenti di ritmo, non li troverete. Ed è un bene: il tutto concorre per creare un climax sempre costante che sta alla base dell’intero lavoro. Mai una calata di tono, difficile incappare in passi falsi, e un pathos solenne e intenso, perfettamente rappresentati da “Banner of the Saint”, forse il brano migliore del lotto, se proprio dobbiamo individuarne uno.
Con Take Up My Bones Mark Deeks prende per mano l’ascoltatore e lo trasporta in un mondo a parte, raccontando una storia per molti sicuramente sconosciuta e allo stesso tempo descrivendo la sua terra, una regione lontana dai flussi turistici (se escludiamo alcune zone ben precise) ma pregna di storia, misticismo e natura. ARÐ è un progetto interessante, che se ben sviluppato saprà dare soddisfazioni agli amanti del doom più melodico ed etereo: abbisogna forse di un approccio più ragionato e meditato al fine di riuscire a carpirne appieno tutte le peculiarità, ma una volta entrati in questo universo sarà difficile uscirne.
(Prophecy Productions, 2022)
1. Burden Foretold
2. Take Up My Bones
3. Raise then the Incorrupt Body
4. Boughs of Trees
5. Banner of the Saint
6. Only Three Shall Know