Tre anni dopo il loro omonimo debutto tornano sulle scene gli Arde, e lo fanno in grande stile, con un lavoro, questo Ancestral Cult, che riprende il filo sonoro dove il precedente album si era interrotto, allo stesso tempo rielaborando ed arricchendo quelle sonorità che lo avevano caratterizzato.
Di base siamo sempre di fronte ad un album di black metal atmosferico di stampo “cascadiano“: qui e là parlando del disco si citano come termini di paragone i Wolves in the Throne Room, i Fen e i Wodensthrone, che riteniamo però essere parzialmente fuorvianti. Mantenendo eventualmente solo i “lupi di Washington” nel trio sopra citato, probabilmente le coordinate più vicine ai Nostri vanno ricercate negli Addaura e per certi aspetti nei Sadhaka (se non conoscete il loro Terma correte immediatamente a riscoprirlo!) e nei Downfall of Gaia. Quello che caratterizza la band ispano-tedesca è infatti un’irruenza e un’attitudine tipica di un certo punk/hardcore unito al black immaginifico e naturalistico tipico della costa Nordovest degli USA: di fatto sono le stesse radici che possiamo ritrovare nei quattro gruppi citati qualche riga più sopra. A questo furore primordiale si alternano parentesi quasi ipnotiche, tribali, con melodie circolari che accolgono l’ascoltatore, ne annebbiano i sensi facendolo entrare quasi in uno stato catartico, salvo poi risvegliarlo brutalmente con bordate sonore degne del miglior blackened hardcore.
Ancestral Cult non dura nemmeno quaranta minuti: la scelta di rimanere su un minutaggio così contenuto premia però la band, che riesce con successo a sviluppare con logica ogni singolo pezzo senza infierire troppo sull’ascoltatore, anzi lasciandolo con la piacevole voglia di premere nuovamente il tasto “play” alla fine dell’ultimo pezzo. Tematicamente gli Arde sembrano mettere in risalto la necessità e l’urgenza del riappropriarsi delle proprie radici naturalistiche, di tornare, anche solo con la mente o gli intenti, nel ventre di Madre Terra per respirare un po’ di purezza e di pace in un periodo incredibilmente difficile per tutti.
Ha poco senso citare un pezzo piuttosto che un altro, data la natura di continuum sonoro che caratterizza tutto il disco: eppure ci sentiamo di segnalare “Síle”, traccia messa esattamente a metà dell’album. Si tratta di una bellissima parentesi bucolica ed acustica nella quale la dolce voce di Amelia Baker (Cinder Well) controbilancia in appena un minuto e mezzo tutta la furia che si è scatenata nei due pezzi che la hanno preceduta. Ne viene fuori una sensazione di pace e calma, come quando te ne stai seduto ad osservare la pioggia battere sul vetro della finestra, mentre pochi attimi prima era infuriata la tempesta che aveva flagellato gli alberi ed i campi tutt’intorno.
Due album e due centri per gli Arde. Se già il precedente omonimo poteva averli fatti apprezzare ci auguriamo che questo Ancestral Cult costituisca una rampa di lancio e permetta loro di essere ancor più conosciuti. Non sarà niente di nuovo, ormai in ambito di black metal naturalistico, sciamanico, “cascadiano” molto è già stato scritto: eppure per gli amanti di queste sonorità questa seconda parte del 2021 sembra essere piena di sorprese, e i Nostri entrano di diritto tra i lavori meglio riusciti, almeno sul breve periodo.
(Wolves of Hades/Alerta Antifascista Records/Darkwoods, 2021)
1. The Birth Portal
2. Halls of Ostara
3. Síle
4. The Birch
5. Vesica Piscis