Mentre è impegnata nell’ambiziosa opera di rinnovamento del death metal tramite band quali Tomb Mold, Cerebral Rot, Ulthar e Void Ceremony, la label di Pittsburgh 20 Buck Spin si permette anche di allargare la propria proposta, regalandoci gioiellini black/doom come il qui recensito Stygian, opera prima dei canadesi Atramentus. La band nasce nel 2012 nel freddo Québec, ma rilascia solo quest’anno (il 21 agosto, per la precisione) il proprio lavoro d’esordio, un concept album di tre canzoni per quarantaquattro minuti di spietata e opprimente musica nordica.
Quella raccontata da Stygian è la storia di un viaggiatore che affronta i ghiacci e le tempeste di un immaginifico Nord alla ricerca di qualcuno che ha perduto e che sa di non poter ritrovare. Con un background del genere la band non poteva che proporre una musica lenta e marziale, che moltissimo deve all’atmospheric black di Mizmor e al doom più intransigente alla Esoteric. L’album si apre con “Stygian I: From Tumultuous Heavens…”, in cui sezioni puramente funeral si contrappongono a momenti in cui tastiera, synth e batteria dialogano in un’atmosfera infernale, sempre accompagnati da un cantato che da un salmodiare liturgico evolve in un growl che sembra uscire da sottoterra. Il primo brano si dissolve come nebbia in “Stygian II: In Ageless Slumber”, che si espande per cinque minuti in un drone popolato di sussurri spettrali e che fa da introduzione ai ventitré minuti della traccia finale. “Stygian III: Perennial Voyage” raccoglie in sé tutto ciò che già si era sentito in “Stygian I” (e qui sta, forse, l’unico grosso difetto dell’album) e vi aggiunge sonorità nuove, che portano i synth a spaziare quasi nell’industrial circa a metà del pezzo. Per il resto le vocals, l’aspetto che più colpisce della release, spaziano da un guttural che niente ha da invidiare ai peggiori EP pornogrind ad uno spettrale sussurro, passando per classici scream di scuola black novantiana. La linea chitarristica si mantiene, come detto, pressoché invariata dal primo brano, alternando momenti post-black a sezioni più ambientali, per terminare in una sfuriata cascadian insieme alla batteria alla fine del pezzo, quasi che una tempesta di neve e ghiaccio avesse deciso di porre fine al nostro tormentato viaggio nelle buie terre del Nord.
Stygian è un album impegnativo e senza compromessi e, nonostante non brilli sempre per sagacia e originalità, riesce a portare alle orecchie dell’ascoltatore preparato alcune idee interessanti e per cui vale la pena spendere i tre quarti d’ora d’ascolto richiesti. L’obiettivo degli Atramentus, e cioè quello di farci vivere la lunga notte boreale a fianco del protagonista dei brani può dirsi raggiunto: le chitarre come un vento che spazza la tundra e le voci ancestrali che intarsiano l’intera composizione faranno scorrere qualche brivido sulle vostre schiene anche in queste calde notti d’estate.
(20 Buck Spin, 2020)
1. Stygian I: From Tumultous Heavens… (Descended Forth the Ceaseless Darkness)Stygian
2. II: In Ageless Slumber (As I Dream in the Doleful Embrace of the Howling Black Winds)Stygian
3. III: Perennial Voyage (Across the Perpetual Planes of Crying Frost & Steel-Eroding Blizzards)