Revelation of the Pure è il primo full length dei tedeschi Bait, e arriva a ben quattro anni di distanza dal precendente EP, Sunburst. Esce per Les Acteurs de L’ombre ed è fra gli album più notevoli di questa prima parte di anno.
È un album maturo, dalla scrittura complessa, ricco di sfumature ammalianti, dinamico, strabordante di idee e soluzioni e allo stesso tempo cupo, grigio, fumoso, come l’eloquente artwork. Le pazzie e le sorprese dei Bait però non sono appariscenti e teatrali ma mirano tutte ad ammaliare l’ascoltatore e finalizzate all’affabulazione e alla costruzione di percorsi bui e sublimi entro cui la band ci conduce tenendoci per mano con un fioco lumicino a rischiarare l’ignoto. Provare a incasellarli dentro un genere o definirli in qualche modo è un affare rischioso. Dentro c’è sicuramente del post-black muscoloso, dark hardcore e anche certo prog sludge – come se prendeste i Mastodon e li obbligaste a suonare black metal – e tutto si fonde con naturalezza per dar vita ad un carattere organico, in cui le parti concorrono al raggiungimento del medesimo fine.
I Bait sono in forma smagliante e si impongono, non già come giovani promesse, ma come una solida realtà. Revelation of the Pure non ha punti deboli. Ascolto obbligatorio.
(Les Acteurs de L’ombre Productions, 2020)
01. Nothing is Sacred
02. Leviathan III
03. Into Misery
04. Lightbringer
05. Ruin
06. Odium
07. Revelation of the Pure
08. Forlorn Souls
09. Eternal Sleep
10. In Aversion