Nel sempre più asfittico e ripetitivo panorama di tutto ciò che è post arriva come una piacevolissima sorpresa questo disco dei tedeschi Baryon, qua alla seconda uscita dopo Inauguration addirittura di 9 anni fa, gradevolissimo che però, forse, risentiva di una marcata influenza Isis. Cambio di bassista e di voce ed ecco arrivare questo bell’album che vuole essere, citando la dichiarazione della stessa band, più melodico dei Cult of Luna ma più pesante di un gruppo post-rock. A livello di intenti quindi la band può ritenersi pienamente soddisfatta ma è giusto e doveroso scrivere che Hypnos va anche oltre.
La realizzazione del proprio obiettivo avviene in quanto i sei pezzi di Hypnos “galleggiano” tra i due estremi afferibili al post-metal (Isis e, appunto, Cult of Luna) e post-rock chitarristico (Explosions in the Sky e gli splendidi svizzeri The Evpatoria Report per la raffinata ricerca melodica condita da vigorose sferzate) in cui vengono inseriti precisi interventi di tastiera e synth mai fini a stessi e, soprattutto, l’eccellente prestazione vocale a carico di Sebastian Bracht. Quest’ultima merita una nota a parte, in quanto Bracht non compare nella formazione dei Baryon e quindi la sua parte dovrebbe essere una collaborazione, per quanto molto importante in quanto suoi sono i testi che affrontano temi come colpa e liberazione. La voce di Bracht non è mai invadente e, anzi, in qualche pezzo compare poco se non affatto (per esempio nella strumentale “Hedron”), alterna un canto pulito, molto personale e quasi da cantante confidenziale, dotato com’è di una voce molto calda e profonda, a un growl cavernoso ma mai esagerato. Sono proprio queste particolarità che rendono la proposta dei tedeschi molto interessante, riuscendo così a dimostrare che in questi ambiti musicali è ancora possibile essere originali e personali. Difficile fare un track by track in quanto il disco si presenta come qualcosa di estremamente coerente seppure nel suo dialogo continuo tra i generi e le influenze già menzionate. Spiccano di certo l’opener “Ambitendency” con la magnifica parte iniziale e la robusta “Will of Hamartia” mentre il secondo brano, “Cardiac Eye”, risulta essere l’unico pezzo forse più debole, lievemente fuori fuoco soprattutto nella struttura e nell’alternanza delle parti rispetto a tutti gli altri.
Hypnos merita un voto rotondo e pieno, per essere ben pensato, ben suonato e ben fatto, permettendo così ai Baryon di mostrare tanta personalità ed emergere così nel torbido mare magnum di un genere che apparentemente ha oramai poco da dire. Evviva quindi le eccezioni che confermano la regola e che ci fanno godere di bella bella musica. La speranza è che non ci sia da aspettare nuovamente così tanto tempo per un terzo capitolo di questa intrigante storia, con la curiosità di vedere magari il gruppo tedesco alle prese con degli esperimenti volti allo “svuotare” ulteriormente le proprie canzoni. Ci sarebbe la possibilità di godersi qualcosa di realmente unico e prezioso.
(Autoproduzione, 2024)
1. Ambitendency
2. Cardiac Eye
3. The Bargain
4. Hedron
5. Will of Hamartia
6. Communion