Non dev’essere stato facile, per chi li ha vissuti, uscire integri dal clima degli anni Sessanta: decennio spartiacque del secolo scorso, sia in ambito sociale che culturale (e dunque musicale), con le sue atmosfere un po’ rivoluzionarie e un po’ naif, a un tempo colorate e occulte. Ma questi anni magici sembrano avere un grande ascendente anche sui figli dei figli dei fiori. Non è un caso che di recente si sia sviluppato un corposo revival di quegli anni, e la nostra cara heavy music, che nei ’60 muoveva i primi passi, non ne esce di certo indenne.
Tra le band che più di tutte appaiono onestamente rappresentative di questo sound rétro troviamo i canadesi Blood Ceremony, che arrivano al decimo anno di attività con il nuovo Lord Of Misrule, quarto album della propria carriera. Il combo capitanato da Alia O’Brien non ha mai nascosto la propria fascinazione per il lato più oscuro e rituale di quegli anni, ma con quest’ultima fatica discografica radicalizza il proprio sound verso un’atmosfera profondamente roots, grazie a precise scelte in fase di produzione. Questa è l’unica novità rilevante dell’album, che per il resto contiene la solita manciata di ottimi brani e la solita grande, enorme dose di attitudine.
Lord Of Misrule si apre con “The Devil’s Widow”, che allo stesso tempo è il brano più lungo, più heavy e più prog del lotto. Già dall’opener appare chiaro come i marchi di fabbrica dei Blood Ceremony siano invariati, a partire dalle vocals suadenti, evocative ma catchy, ad opera della sempre più stregonesca Alia. Come al solito, la frontwoman è impegnata anche al flauto traverso, elemento che rimanda – manco a dirlo – a certi Jethro Tull e pervade il sound della band di un’aura rurale e satiresca. Quest’aspetto è evidente in episodi come “Half Moon Street” o la ballata folk “The Weird Of Finistere”, dal sapore fortemente tolkeniano, e contribuisce a rendere il mood piuttosto inglese. L’album, dunque, è un continuo oscillare tra momenti agresti e altri di puro hard rock notturno e ritualistico (“The Rogue’s Lot”, “Lord Of Misrule”), a cui si aggiunge un terzo punto cardine sinora inedito nella discografia della band, cioè quel gusto pop tipicamente sessantiano di “Flower Phantoms”, che non avrebbe sfigurato tra il repertorio più subliminale dei Beatles.
L’album si presenta, dunque, come il più variegato dei Nostri, anche se – come è chiaro, dato il genere proposto – non c’è da aspettarsi alcun tipo di innovazione o modernizzazione. Al contrario, i Blood Ceremony progrediscono nel loro lavoro di riscoperta quasi filologica di certe sonorità. In effetti, ascoltando Lord Of Misrule sembra proprio di avvertire il contatto con la polvere sedimentata sul vinile di qualche band inglese di fine anni Sessanta. Non male come risultato, per quattro ragazzi di Toronto.
(Rise Above, 2016)
01. The Devil’s Widow
02. Loreley
03. The Rogue’s Lot
04. Lord Of Misrule
05. Half Moon Street
06. The Weird Of Finistere
07. Flower Phantoms
08. Old Fires
09. Things Present, Things Past