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Tutto deve brillare. Vita e sogni di Moana Pozzi di Francesca Pellas [Blackie Edizioni]
Partiamo dalle certezze. A trent’anni di distanza ancora c’è chi non accetta l’idea della versione ufficiale che sancisce la morte di Moana Pozzi, in seguito alle complicazioni di una neoplasia diagnosticatale non molto tempo prima. È sempre stato così per tutte quelle figure che, a modo loro, hanno infiammato l’immaginario collettivo al punto di essere elevate al rango di idoli. C’è sempre un risvolto che vuole convincerci che il nostro idolo gode ancora di buonissima salute, e che si è ritirato altrove, a vita privata, spesso con l’aiuto dei poteri forti che ne garantiscono l’anonimato attuale. Ci sono figure nell’immaginario collettivo che sono state elevate al ruolo di icone, e che, come tali, devo brillare. E tra loro un posto di prestigio spetta, per forza di cose, a Anna Moana Rosa Pozzi. Nel ventennio che va dagli Ottanta ai Novanta, il suo nome è uno di quelli che ricorre più di frequente. E non solo per tutto quello che riguarda il mondo della pornografia. Al punto che, ancora oggi, di lei si parla come di un’autentica “diva”. Parliamo di un periodo storico in cui chi flirtava con ambienti come quelli dell’hard era messo alla gogna, e doveva vivere quasi nell’invisibilità. Oggi chi fa porno non ne fa mistero, anzi cerca la visibilità e il consenso pubblico perché ha capito che di questo deve nutrirsi, in un mestiere in cui l’anagrafe è il peggiore dei nemici.
La Pellas in Tutto deve brillare ce la presenta come una donna “troppo intelligente, troppo bella e troppo elegante per fare la pornodiva” che ha “usato il proprio corpo per fare una rivoluzione che partiva dalla cosa più splendente e preziosa che possedeva, ovvero la sua mente.” Il suo è un inizio casuale, dopo un’adolescenza passata in cerca del modo migliore per ribellarsi, spinta da un fuoco che non poteva essere “spento in un’esistenza modesta, o anche solo normale”. Accetta quasi per caso di partecipare ad un film. “Accettai con curiosità. Fu facile e divertente, lavorai senza vergogna e senza preoccupazioni, mi sembrava naturale fare delle scene di sesso “sul serio”. Feci l’amore con quattro uomini. Mi ricordo che uno di loro mi eccitava molto, si chiamava Marco e durante le pause della lavorazione mi scopava in bagno appoggiata a un lavandino.” Non sappiamo se questo fosse per lei la realizzazione a cui ambiva o il primo gradino verso la felicità. Di certo segnò l’inizio della sua carriera, che la portò a diventare realmente “ricca e famosa”. Non solo in ambito hard. In breve tempo divenne un fenomeno mediatico a tutto tondo, contribuendo a sdoganare – almeno in parte, e forse per prima – la pornografia in Italia, fino ad allora ghettizzata da un’opinione pubblica bacchettona. Il fascino della Pozzi è indiscutibile, non inventiamo nulla di nuovo. Quello però che il volume cerca di raccontare è il dietro le quinte del fenomeno Moana. Un fenomeno che racconta una donna libera, che volle rompere gli schemi, andando controcorrente indipendentemente da tutto e da tutti. Non manca il tocco di mistero legato alla sua scomparsa, ancora oggi avvolta dal mistero. Al di là del fatto che secondo alcuni è ancora viva, e che è stata fatta sparire dai servizi segreti, di cui – si dice – facesse parte, ci sono davvero molti punti oscuri sulla sua morte, che però il libro non dipana in modo sufficiente. Anche perché, forse, non è nato con questo intento. Si tratta infatti di una celebrazione a tutto tondo che incensa – ulteriormente – la figura di una donna assunta a mito. Una donna che scelse il proprio corpo come strumento di emancipazione, rifiutando l’idea della donna oggetto. “Le donne oggetto sono le casalinghe che lavano, stirano e fanno le serve, io faccio quello che voglio.”
Per Francesca Pellas, Moana Pozzi è “uno degli amori e degli idoli della mia vita”. Con una dichiarazione del genere era difficile aspettarsi qualcosa di diverso da quello che abbiamo tra le mani. E infatti il volume a tratti deraglia verso un’idolatria quasi religiosa, integralista. Alla fine Tutto deve brillare resta godibile, anche se non aggiunge nulla a quanto sapevamo già. Ci permette di ascoltare anche le voci di alcuni personaggi che in modo diretto o indiretto hanno avuto a che fare con lei. Ma senza spostare il nostro giudizio. Libertà è una delle parole che più viene usata nel raccontare la storia di Moana Pozzi, anche se, a lettura conclusa, l’idea che ci si fa è quella di un mondo – il suo – in cui non è che ci fosse poi tutta questa libertà. Prendiamo ad esempio per vero il fatto che davvero si sia trattato di un’agente dei servizi segreti, la libertà di cui sopra sarebbe senza dubbio stata da un lato limitata dai compiti – e dai comportamenti – a cui attenersi, e dell’altra probabilmente figlia di quel personaggio che le era stato cucito addosso per “infiltrarla”.
Tutta questa “rivoluzione” io francamente non la vedo. Ho vissuto quegli anni, e non ricordo un fenomeno di portata dirompente come ce lo dipingono. Era sicuramente una donna che sapeva stare ovunque la collocassi, e che parlava un italiano corretto e che discuteva amabilmente senza alzare mai i toni. Tutte cose che però si richiedono in linea generale a chiunque. Diciamo che risaltava perché inserita in un contesto, quello della pornografia, in cui il livello culturale era drammatico. È anche vero che, nessuno al tempo, chiedeva la laurea in lettere moderne per essere scritturato in un film. La vera rivoluzione stava nel fatto che il mondo – l’Italia in questo caso – si è accorta che Moana Pozzi sapeva usare la bocca anche per parlare, al contrario delle sue colleghe.
Il libro ha il difetto di risultare un pò troppo celebrativo nel suo carattere romanzato, e ci mostra una donna che alla fine passa per poco credibile, viene incensata e osannata andando troppo sopra le righe. Soprattutto quando risfogliandolo affiorano i capitoli della sua vita, partendo dalla relazione con il boss della mafia, in cui finge di non sapere chi sia davvero il suo amante, passando poi per la relazione con Craxi, con il ruolo nei servizi segreti, l’immancabile mistero sulla morte non morte, il partito politico. Alla fine le sono mancate solo le stimmate e lo sbarco sulla luna. Davvero troppo, anche per chi vuole darle il beneficio del dubbio. Non emerge un difetto che sia uno, neanche ad andarlo a cercare. Meglio di Padre Pio o della Madonna di Brosio nella ex-Jugoslavia. È tutto talmente perfetto che suona falso, quasi costruito apposta, sterile, freddo. Nulla in lei sembrava casuale. Se si trattava di una facciata, le riusciva benissimo.