Tra riedizioni, live album, raccolte e singoli, un album di inediti e una collaborazione con Merzbow, anche nel 2021 i Boris hanno gentilmente inondato il panorama sperimentale con la propria produzione, come sempre mai prevedibile o ascrivibile ad una qualsivoglia etichetta. E la band di Tokyo decide di non mollare, entrando nel nuovo anno con la pubblicazione, sotto l’egida della Sacred Bones, di un nuovo full length: W. Anticipato da un solo singolo, la misteriosa “Drowning by Numbers”, l’album si assesta, ad un primo ascolto, sulle coordinate di un “canonico” lavoro dei Boris più ambient, richiamando però anche altre esperienze della multiforme produzione dei nostri.
W si apre con la soffice voce di Wata che, accompagnata da tastiere e batteria che molto ricordano Lϕve, culla l’ascoltatore sulla soglia dell’opera. Un’atmosfera simile, come introduttiva a qualcosa di delicatamente misterioso, si ritrova nella successiva “Icelina”: un’elettronica poco invadente e una linea batteristica allusiva, quasi a pennellare il silenzio della traccia, a sublimare nella piacevolmente angosciante “Drowning by Numbers”, uno scandire di cifre conteggiate da un basso e da una cassa che non possono non far domandare a chi ascolta “Cosa verrà dopo?”. E dopo viene il silenzio. “Invitation”, infatti, è un breve susseguirsi di accenni strumentali sviluppati su di un sobrio tappeto elettronico, sopra al quale le vocals si posano come polvere. Poi si ricomincia: “The Fallen” è un monolite drone, dalle massicce chitarre intarsiate con la maestria che caratterizza, riconoscibile tra mille, la mano degli ideatori di Absolutego. Tutto si scompone, si rarefà, con i pezzi successivi che azzerano la tensione creata dal brano appena ascoltato. Così fa “Old Projector”, che attutisce, con la sua produzione atmospheric (quasi da acustico), tutto quanto lo preceda; con le due canzoni successive a formare una lunga suite conclusiva che ci accompagna elegantemente alla porta, ci troviamo fuori dall’ultimo lavoro dei Boris.
Nonostante la presenza di un “intento musicale” all’interno della costruzione sia evidente, lo scopo ultimo di W è arduo da svelare. L’album pare, nella sua sobria ricercatezza di suoni e richiami, un’ode alle infinite possibilità creative offerte dalla musica, come fu lo straordinario Amplifier Worship; di cui mancano però l’impatto e l’emozione. Fra tutti, forse, il lavoro a cui più W si avvicina è il filosofico Mabuta No Ura, pensato per divenire la colonna sonora di un film immaginario di cui i titoli dei brani lasciassero solo intuire l’intreccio. Manca però l’impianto concettuale per un lavoro di questa portata. La freddezza di scrittura che in certi tratti caratterizza il lavoro e il continuo gioco di saliscendi emotivi non aiutano certamente chi ascolta a penetrare l’ordinatissimo groviglio che avvolge la copertina e il nucleo musicale di W, rendendolo forse impossibile da svelare completamente… Ma forse va bene così?
(Sacred Bones Records, 2022)
1. I Want to Go to the Side Where You Can Touch…
2. Icelina
3. Drowning by Numbers
4. Invitation
5. The Fallen
6. Beyond Good and Evil
7. Old Projector
8. You Will Know (Ohayo Version)
9. Jozan