Post-metal e post-black metal uniti in uno split che si fa portavoce di umori post-apocalittici (sempre per rimanere in tema “post-qualcosa”), un album permeato da un sentore di urgenza, di crisi imminente, di nichilismo, di sconfitta: questo è Seasons, split tra i DIMWIND (Svezia) e Breaths (USA). Due tracce per poco più di trenta minuti di durata: i Nostri si sono spartiti equamente il lavoro cercando di portare l’attenzione dell’ascoltatore su tematiche ben spiegate nella pagina Bandcamp della sempre attenta Trepanation Records: “With this release they want to remind us, in the midst of a global pandemic, about the much greater threat that we must not lose sight of – humanity’s abuse of the planet. Is it truly too late, or can we as an international community reverse the destruction we’ve caused to our planet? Will there ever be a time when our children or grandchildren can simply live without fear of the world coming to a violent end?“
Il post-metal dei DIMWIND può ricordare i Russian Circles nelle possenti strutture ritmiche, i Long Distance Calling nelle armoniose ed ariose partiture melodiche, e i Suffocate for Fuck Sake per quell’urgenza rabbiosa di cui abbiamo già parlato che, anche senza bisogno delle parole, travolge l’ascoltatore quando i tempi si fanno più compressi e furiosi. Serpeggia inoltre una verve melodica “à-la Katatonia“, riscontrabile soprattutto nella seconda parte del pezzo e collegata soprattutto a quell’aria decadente e drammaticamente sconsolata tipica della suddetta band.
L’operato di Breaths è invece più incentrato su lidi di post-black metal. In realtà il Nostro non si limita a questo genere, e un esempio è già stato da lui fornito con il precedente full Though life has turned out nothing like I imagined, it is far better than I could have dreamt, recensito su queste stesse pagine. Se una partenza al fulmicotone può essere innegabilmente ricondotta all’ambito black metal, possiamo quasi subito assistere ad uno dei primi e numerosi cambi di tempo e registro applicati da Breaths, che in tal modo movimenta la traccia rendendola cangiante ed imprevedibile. Bastano già i primi cinque minuti per essere travolti da una spiazzante miscela di post-metal, black metal, doom metal, shoegaze, noise, darkwave tribale e post-hardcore: tanti, troppi i riferimenti da citare, sintetizzati dal buon Jason Roberts in maniera coesa, impeccabile ed estremamente coinvolgente. Idealmente il brano può essere strutturato in tre parti: una aggressiva e feroce, una meditativa, pensosa e ipnotica, ed una finale remissiva, malinconica ed emotivamente provante.
Seasons piace e appassiona, e nonostante si parli di due soli brani la durata complessiva ed il modo con il quale sono strutturati non lascia l’ascoltatore con l’amaro in bocca e la fame di qualcosa in più. Può tranquillamente essere considerato come un valido antipasto per qualcosa di nuovo o come integrazione a qualcosa di già uscito (come nel caso di Breaths, il cui nuovo album era uscito non più tardi di tre mesi fa): in ogni caso si tratta di un’uscita senza dubbio interessante ed utile a far conoscere meglio queste due realtà che, per quello che possiamo sentire, meritano molta attenzione.
(Trepanation Records, 2022)
1. DIMWIND – Window Passed
2. Breaths – When Soft Voices Die (feat. Chad Kapper)