Jason Roberts è un polistrumentista davvero prolifico. A cavallo tra il 2021 e questi primi sette mesi del 2022 ha realizzato ben tre album e due split; Isolera è il nome della sua ultima fatica. Non ho idea di dove trovi il tempo per dedicarsi alle composizioni il buon Jason, ma di una cosa sono certo. Isolera è un passaggio a vuoto di cui avremmo fatto volentieri a meno. Il suo agonismo compositivo lo ha portato infatti a calibrare male quelle che sono le idee di partenza, finendo per realizzare un disco che manca totalmente di profondità, e che si perde in cerca di una sua dimensione. Rifacendoci alle note biografiche e alla scelta dei suoni possiamo paragonarlo ad un corpo celeste che continua a vagare senza sosta nello spazio in cerca di una destinazione definitiva. Le premesse avevano lasciato intravedere un potenziale sviluppo che poi non ha visto la luce e che si è spento procedendo con l’ascolto. La percezione che mi lascia addosso è quella di un album cui manca quell’amalgama che possa sposare le idee di partenza con i brani compiuti e finiti. È tutto slegato, sia tra i brani che all’interno del pezzo singolo preso ad esempio. Manca quella visione di fondo che possa permettere di entrare in sintonia con il disco. È in sostanza una sorta di “vorrei ma non posso”, che lascia l’amaro in bocca e nulla più. A fine ascolto rimane giusto il rimpianto per non aver voluto/saputo attendere la giusta maturazione delle idee, sacrificata a discapito della fretta. Da un punto di vista sonoro la scelta estetica è azzeccata, accattivante. I suoni sono pertinenti e contestuali all’idea iniziale, poi però tutto si esaurisce in un nulla di fatto. L’album arriva a conclusione senza lasciare il segno. Senza coinvolgimento.
Secondo Roberts Isolera è da considerare come un “esperimento di sonorizzazione”. E su questo nessuno può eccepire nulla. Le perplessità arrivano nel momento in cui tutto resta appunto un esperimento, riuscito purtroppo però solo a metà. Dentro troviamo tutto quello che dovrebbe esserci in un disco di questo tipo. L’album ammicca ai cliché del genere e lì si ferma, all’approccio iniziale. Manca quel qualcosa che lo renda “disco” nel senso più ampio del termine. Fossero stati dei provini da cui attingere per poi, in un secondo momento, mettere mano per realizzare un album, non avrei avuto nulla da dire, ma così non è, e l’incompiutezza torna a impossessarsi delle mie sensazioni. Restando sulle note biografiche allegate all’album, Jason definisce il suo lavoro come “doomgazey post-metal”. Al netto del fatto che non ho idea di cosa voglia significare il termine, credo piuttosto che si possa pensare all’album con un approccio che accarezza tutto tranne il post-metal. Siamo alle prese con un qualcosa che trovo molto più affine a certe colonne sonore cinematografiche che raccontano viaggi astrali. Il metal e il post-metal sono un’altra cosa. Li troviamo nei suoi lavori precedenti, come in un album di tutto rispetto, e decisamente più a fuoco come il debutto dello scorso anno Lined in Silver.
Pur apprezzando lo sforzo di allargare i propri orizzonti non possiamo pensare che Isolera vada considerato come il disco che cambia le prospettive per Roberts, anzi forse è il contrario: riesce a farci rimpiangere i suoi album precedenti, dove tutto era definito e compatto. Qui, man mano che si avanza con i brani si continua a cercare quella personalità che possa farci apprezzare lo sforzo compositivo, soprattutto quando entriamo in contatto con le ultime due tracce, ancor più slegate rispetto al contesto generale. Anche volendolo pensare come un album composto da un solo e monolitico brano, e non da quattro movimenti, la sostanza non cambia. Non è un album disastroso, per carità, semplicemente non è omogeneo come imporrebbe la scelta stilistica e sonora. Dovendo scegliere il meno peggio non fatico ad individuare nell’ultima traccia l’ideale punto da cui ripartire, l’unico momento che presenta una sua logica, anche se resta presente sullo sfondo quel senso di improvvisazione e di poca cura per i dettagli, aspetto che da sempre fa la differenza.
(Autoproduzione, 2022)
1. Movement I
2. Movement II
3. Movement III
4. Movement IV