Ci sono dei dischi che, come li metti su, immediatamente sono in grado di farti viaggiare, di dipingere nella mente di chi li ascolta paesaggi visti magari solo in film o in fotografie: Aurora di Dege Legg (al secolo Brother Dege, prima progetto solista poi band, anche se le redini rimangono saldamente in mano al fondatore) è uno di quei dischi.
Avete mai visto il film di Cameron Crowe Elizabethtown? Indipendentemente dai giudizi che si possono dare sulla pellicola in questione non si può non riconoscere al regista una grandissima capacità di individuare colonne sonore perfette per le sue opere. E le vicende del protagonista Drew erano accompagnate da pezzi che immediatamente evocavano le radici musicali degli Stati Uniti del Centro Sud, cosa questa che riesce benissimo anche ai Brother Dege. Il fiume Mississippi è un tratto in comune: tra i dieci Stati che attraversa ci sono anche il Kentucky (dove per gran parte si sviluppa il film, anche se in realtà a un certo punto ne sono toccati anche altri più o meno vicini) e la Louisiana, terra di origine della band. Ed è come se il serpeggiante e lunghissimo corso d’acqua portasse con sé anche sonorità e armonie riprese trasversalmente: la musica del gruppo è evocativa, sognante, malinconica e sospesa, un folk bagnato di Americana, di rock elettrico, di cantautorato e lieve psichedelia. I riferimenti vanno cercati in Crosby, Stills & Nash (con o senza Young fate voi, ma lo spettro del buon Neil aleggia comunque), nel Mark Lanegan più sconsolato, nel blues del Delta, in Ryan Adams, in Panopticon quando decide di farsi acustico e rivelare la sua bellissima e sensibile natura. La chitarra di Dege Legg è semplicemente magica, sia quando indugia in slide liquidi e sognanti, sia quando accarezza con arpeggi acustici ficcanti e toccanti sia quando, all’opposto, graffia con attacchi elettrici coinvolgenti (non sono molti, ma quando ci sono si lasciano indubbiamente apprezzare). Al pari della sei corde la voce del cantante è trascinante, a tratti addirittura consolatoria, calda e “amica”. Insomma, tornando ancora una volta a Elizabethtown, spesso sembra di essere in macchina con Drew, mentre percorre strade che attraversano l’America rurale, pianure, deserti, piccole polverose cittadine dove sembra che il tempo si sia fermato, ponti immensi e radure boscose, mentre il sole fa il suo corso e le albe e i tramonti si avvicendano.
I pezzi più rappresentativi? Difficile fare una selezione. Ci ha colpito soprattutto il lato più intimo e acustico dei Brother Dege pertanto potremmo segnalare la title-track, “A Man Needs a Mommy”, “Ouroboros”, “The Devil You Know”, anche se è impossibile non restare catturati anche dalle più energiche “Where the Black Flowers Grow” e “Turn of the Screw”.Insomma, mettetela come volete ma Aurora è un lavoro speciale, che farà indubbiamente felici gli amanti del folk e dell’Americana, ma che potrebbe attrarre anche altri ascoltatori vista la sua capacità di toccare con gran facilità corde profonde. E se proprio vogliamo trovare un difetto forse va cercato nella copertina: ironica e vagamente rievocante quella di un album a firma di Fatboy Slim, ci sembra oggettivamente un po’ fuori contesto vista la natura spesso spirituale delle atmosfere messe in musica dai Nostri, ma tutto sommato è una critica che non intacca minimamente il nostro giudizio nei confronti di questo disco intenso e coinvolgente.
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Aggiornamento dell’11 marzo 2024.
È di oggi la notizia diffusa sui canali ufficiali della Prophecy Productions della dipartita di Dege Legg. Scomparso per cause al momento non dichiarate all’età di 56 anni, l’annuncio ha sorpreso tutti, la comunità dei suoi fan, i suoi stessi concittadini (come si può leggere cercando online e aprendo le pagine dei giornali locali) e l’etichetta discografica, che in suo onore ha comunque deciso di rispettare la data prevista di uscita.
Vero è che, a questo punto, le sonorità più malinconiche di questo Aurora acquistano una nuova dimensione, se possibile ancora più languida e agrodolce. Vogliamo terminare questa recensione con l’ultima, lo giuriamo, citazione da Elizabethtown, che davvero è stato il nostro faro nell’interpretazione dell’album: “Sadness is easier because it’s surrender. I say make time to dance alone with one hand waving free“: volume alto quindi, e balliamo in onore e in ricordo di Brother Dege.
(Prophecy Productions, 2024)
1. Aurora
2. Where the Black Flowers Grow
3. Climbing Ivy (Sleep Beside You)
4. A Man Needs a Mommy
5. Turn of the Screw
6. Ouroboros
7. The Devil You Know
8. Loser’s Blues
9. The Longing