È uno sposalizio perfetto quello tra la Translation Loss e i Call of the Void. Da un lato la label della Pennsylvania, etichetta di punta nel post metal (per fare qualche nome: Rosetta, Intronaut, Junius, Mouth of the Architect, Lesbian), pare stia provando negli ultimissimi tempi a fare la voce grossa per quanto riguarda il grindcore che conta, quello di talento (vedi la coproduzione dell’ultimo Vermin Womb). Dall’altro, la band del Colorado ha dovuto far fronte all’abbandono del cantante Vanica e ha inserito in formazione una seconda chitarra, lasciando la responsabilità delle parti vocali a carico del chitarrista Alberts e del bassista Pace.
E così, mentre i Call of the Void ci danno in pasto questo AYFKM, che quindi li vede lontani dalla Relapse, per darci notizia del loro stato di salute, la Translation Loss aggiunge un purosangue nella propria scuderia. Tutti contenti, quindi. Anche noi. Non tanto perché AYFKM sia un imperdibile capolavoro, ma perché fotografa esattamente una promettente realtà grind nel momento preciso del suo riassestamento. Trapela voglia di ripartire e rimettersi in gioco, di mantenere alto il coefficiente di qualità e crescita artistica, di voler sfruttare a proprio vantaggio il cambio di line up, trasformando un imprevisto in una risorsa.
Qualcosa, infatti, essendo cambiate le logiche compositive della band, è cambiato necessariamente e AYFKM ce ne da testimonianza. La sensazione è che la foga del grind, per poter sfruttare meglio l’alternanza dei due timbri, abbia dovuto assecondare maggiormente delle strutture meno fluide, più chiare e definite, guadagnandone in compostezza e rigore. Tutto ciò senza perdere del tutto il feroce estro e l’amore per il caos e il disordine che contraddistingueva i Call Of The Void. Ad esempio è inconfondibile il loro marchio in “Throwing Bullets”: le velocità altissime, i cambi di rotta spettacolari, guidati qui tanto dalle chitarre quanto da una batteria furiosa e fuori controllo, e le violente bastonate nel finale. Della stessa pasta è l’opener “Get in the Van”, una granata grind dai tempi serratissimi e un’alternanza alla voce che funziona, con un finale brillante e una lunga intro strumentale di matrice sludge. Il discorso cambia con “Are You Fucking Kidding Me”, in pratica la titletrack, e “On and On”. Muscolosa, quadrata, arrogante la prima, come potente e composta è la seconda.
Qui, quello dei Call of The Void è in pratica un metallic hardcore dissennato e sporco che, se è vero che colpisce l’obiettivo, nemmeno osa chissacché né riserva grandi sorprese. Punto d’incontro perfetto tra le due correnti creative dei Call of the Void si direbbe invece essere “Never Enough”, solida sì, ma anche ben articolata. Insomma, il potenziale è rimasto e sta assumendo nuove fattezze. Considerando pure che, sulla loro pagina bandcamp, potete scaricare AYFKM con la formula del name your price, non mi pare ci siano giustificazioni per negargli l’ascolto.
(Translation Loss, 2016)
1.Get in the Van
2.Are You Fucking Kidding Me
3.Throwing Bullets
4.On and On
5.Never Enough