Nella recente domenica milanese, nonostante il grande freddo sia arrivato tutto di colpo, c’è un locale in cui la temperatura dell’ambiente è alle stelle: si tratta del Santeria di viale Toscana, da tempo punto di riferimento per gli amanti della musica live. Il motivo è presto detto e fa rima con con la prima edizione del CAN I SCREAM Fest, evento che propone un pomeriggio interamente (o quasi) dedicato alla musica emo/screamo nelle sue più varie declinazioni.
Ad accompagnare l’evento strettamente musicale c’è anche, nel piccolo spazio espositivo del locale, la mostra fotografica dal titolo Chaos is Us del giovanissimo fotografo Luca Secchi, nome d’arte Oni Baku, che da anni, armato di una sola macchina fotografica, si butta (letteralmente) in poghi, moshpits e folle di ogni tipo per immortalare il sudore, il senso di fratellanza, i volti trasfigurati dall’abbandono alla musica. Il risultato è una collezione di scatti emotivamente impattanti, in cui chi segue da vicino la scena hardcore non trova difficoltà nel riconoscere band, luoghi e volti.
Gli scatti di Oni Baku ci conducono dunque all’inizio del concerto, che vede i Bowie aprire le danze con il loro hardcore metallico che stimola il mosh dei primi, giovanissimi avventori. Aprire ad un evento del genere non è cosa facile, specialmente se il rispetto degli orari – pomeridiani, nel caso dei Bowie – è tassativo e gran parte del pubblico deve ancora arrivare presso il Santeria. La missione è compiuta, regalando ai più puntuali una mezz’ora di hardcore intenso e viscerale.
Tocca ora ai Tenia, piccola e recente istituzione della scena hardcore milanese fresca di pubblicazione di Anime Sconvolte, intrattenere un pubblico che inizia a farsi più numeroso. Si vede che i Tenia macinano concerti su concerti, specie nelle serate ad alto tasso alcolico degli spazi autogestiti, hanno familiarità col palco e sanno come coinvolgere la folla. Nell’hinterland milanese sono ormai una certezza che, anche se non ce n’era la necessità, viene ulteriormente confermata in questa fredda domenica.
La terza protagonista della serata non è una band, ed è qui che si accende una certa particolare magia. Sul palco arriva Sky Tea For Warriors, giovane ragazza accompagnata solo da un ukulele, che da subito conquista il pubblico per la spontaneità del carattere e la particolarità della proposta musicale, difficilmente connotabile nei generi canonici e sicuramente distante dal tema principale della serata. Mezz’ora straniante poichè magicamente fuori dai binari che si pensava di percorrere in questa giornata e che culmina con un’inaspettata, goliardica e del tutto fulminante cover di “Digos” dei Sempre Peggio. Che dire, tutto perfetto. Se si dovesse scegliere un MVP della serata, sarebbe Sky Tea For Warriors.
Breve pausa e poi arrivano i Put Purana, che scatenano il primo, vero delirio della serata. E’ un tripudio di poghi, voli d’angelo dal palco, stage diving finiti bene e stage diving finiti malissimo. Ma soprattutto è un momento di unione, abbracci, microfoni rubati e microfoni restituiti, con un pubblico che a squarciagola percorre insieme al gruppo ogni sillaba di ogni canzone. Neanche la corda saltata ha fermato i Nostri per più di un paio di minuti. Intensi e spontanei, rendono definitivamente elettrico il clima della serata, oltre che caldi i cuori dei fan. Bravissimi.
E’ ora il turno dei Comic Sans, giovane quartetto spagnolo dedito ad uno screamo di matrice classica che, al netto di qualche problemino con i volumi in spia, regala una prestazione di assoluta qualità a livello di coinvolgimento emotivo e capacità tecniche. Un applauditissimo italiano stentato (ma pur sempre superiore a quello di molti nostri connazionali, sia ben chiaro) del chitarrista accompagna la presentazione della band, i singoli brani e i saluti di chiusura. E’ bello vedere come per un evento del genere vengano coinvolti anche gruppi stranieri, dimostrando la ricercatezza delle scelte dell’organizzazione.
Il palco è ora dei Vibora, primo grande nome della serata. Complice la tipologia di suono che i baschi portano avanti, un hardcore fortemente influenzato dal crust, dallo screamo, dal death e dal metalcore, le luci si fanno tra il verde tenue e il bianco glaciale e conferiscono l’atmosfera giusta per l’assalto sonoro che scuote cuori e membra di un pubblico ormai definitivamente al completo. Duri, anzi durissimi i breakdown. Emozionanti, anzi emozionantissime le sezioni acidamente abrasive più ascrivibili allo screamo vero e proprio. Si guadagnano un applauso sentito della folla, oltre ad una coda non da poco al merchandise. Grande performance e, per le poche parole scambiate dopo il concerto, gran belle persone.
Arrivano dunque i Lantern, che deliziano anch’essi la folla con uno screamo classico e quelle sezioni semi-spoken che caratterizzano la produzione della band di Rimini. Con loro si ha un cambio di rotta cromatico, con un rosso deciso delle luci che invade gli occhi degli spettatori e conferisce ulteriore carica emotiva alla performance di un gruppo che, più di molti altri anche all’interno di un genere caratterizzato da componenti testuali di assoluto rilievo, ha saputo creare dei veri e propri gioielli.
Prima dell’atto finale è il momento degli Shizune, autori anche di una simpatica lotteria per permettere a un fortunato vincitore di accaparrarsi l’ultima copia dell’LP di Le Voyageur Imprudent, fiore all’occhiello di una carriera sin qui senza sbavatura alcuna. La loro performance è trascinante, il pubblico accompagna con passione e sorregge il frontman in un’emozionante momento di euforia collettiva. Gli Shizune sono una perla rara e dobbiamo ritenerci fortunati ad aver avuto l’opportunità di vederli dal vivo e la speranza è quella di assistere al più presto ad uno show tutto loro.
Siamo arrivati al gran finale e sul palco arrivano gli Øjne, che sicuramente, da almeno un paio di anni a questa parte, non hanno bisogno di presentazioni. Per qualità tecnica e di scrittura, profondità e complessità dei testi e resa emozionale siamo di fronte all’attuale, vero grande nome della scena screamo italiana. Il gruppo intervalla brani presi dall’ultimo, meraviglioso EP con le tracce più rappresentative dell’ancor più iconico Prima Che Tutto Bruci, proponendo un live quasi toccante per il contatto che si crea con il pubblico. Le cartucce migliori vengono ovviamente sparate in un finale che propone consecutivamente “Sull’altro lato del fiume” e “Quando Il Sogno Si Avvera”, caratterizzate entrambe da picchi emotivi non raggiungibili da altri brani. Conclude il concerto “Epilogo”, sulle note della quale le prime file si riversano sul palco e accompagno la band nel prendersi i meritati applausi per uno show, possiamo dirlo, sensazionale. Chi scrive, prima della data qui riassunta, ha già assistito ad altri concerti degli Øjne, ma mai ha trovato una commistione tra qualità del suono (per la quale è doveroso ringraziare Santeria e tecnici) e vicinanza così viscerale del pubblico tutto alla band. Una vera lezione di come si fa musica live.
Il CAN I SCREAM Fest si conclude lasciando una sensazione di vero stupore, sia per le performance di tutti i gruppi coinvolti, sia per l’impeccabile organizzazione. Un plauso al Santeria e a tutte le persone che hanno reso possibile un evento di questo genere, che speriamo vivamente venga ripetuto in futuro e che possa diventare un punto fermo nella proposta musicale cittadina, richiamando ulteriori artisti a livello internazionale. Partire con un sold-out, alla prima edizione, non è cosa da poco, ma regalare agli spettatori un evento del genere ha un valore ben più grande. Ulteriore nota a margine è la presenza di un pubblico estremamente giovane di cui lo screamo, con la sua carica emotiva, drammatica, toccante e a tratti struggente riesce a raccontare le gioie, le paure, le insicurezze e, in sintesi, la vita a 20 anni. Complimenti a tutti.