A quattro anni dal celebratissimo Death Atlas i Cattle Decapitation tornano con un album solido e omogeneo, che non devia eccessivamente dalle scelte stilistiche – e dalle sperimentazioni – del predecessore ma che vive comunque, sia per testi che per scrittura ed esecuzione, di un’eccezionale vita propria. Terrasite si propone, come già gli spiazzanti artwork e titolo promettono, di continuare il filone anti-umano e pessimista della narrazione della band di San Diego, rivedendo il disprezzo verso l’umanità intera in chiave ambientalista, paragonandoci ad una specie infestante e distruttiva, incapace di prendersi cura di sé stessa e del luogo che occupa nell’Universo.
Come anticipato, la proposta musicale dei Nostri si impernia sempre sul progressive death metal pesantemente imbevuto di grindcore che ha reso i Cattle Decapitation quello che sono oggi, includendo sventagliate black e melodic che, qua e là nel lavoro, fermano la macchina di morte di batteria e voce per dare spazio a ritmi meno serrati, a distensioni spesso accompagnate da cori e che in alcuni casi sfiorano vette di maestosità quasi da power metal. Dai microfoni, l’eccezionale Travis Ryan ci delizia per l’intero Terrasite con il suo caratteristico alternarsi di scream acido e growl funebre, degno accompagnamento alla funambolica e duttilissima sezione strumentale. Ascoltando brani come “Scourge of the Offspring”, con le sue vocals declamate distese su un tappeto di accordi e blast beat che sembrano cocci di bottiglia o “The Insignficants”, un alternarsi di grindcore e black metal annichilente, non ci si può non rendere conto di quanto i Cattle Decapitation siano rilevanti nella scena estrema contemporanea: la capacità di invenzione e la forza della composizione del gruppo è sbalorditiva, e giunti a metà dell’ascolto di Terrasite si comincia seriamente a pensare che i nostri sarebbero bravi a fare qualsiasi cosa. Ulteriori conferme giungono, solo per citarne due, con “…And the World Will Go on Without You”, precisa ed affilata come un coltello giapponese, a ricordarci che i Cattle non abbandonano le proprie radici più underground e “Solastalgia”, forse il pezzo più sperimentale del lavoro, sospeso tra melodia, chitarroni technical death e brutture grindcore. La traccia finale, “Just Another Body”, è una lunga suite da dieci minuti che termina con un lento inno melodic black, che colpisce necessariamente per contrasto con buona parte del resto del lavoro ma che già al secondo ascolto risulta stucchevole.
Con Terrasite i Cattle Decapitation non hanno di certo inventato un nuovo modo di fare grindcore – non più di quanto avessero già fatto coi loro ultimi grandissimi album, sia ben chiaro – ma hanno confezionato senza ombra di dubbio un grande lavoro, capace di sorpendere, forse sconvolgere e, a tratti, emozionare sinceramente l’ascoltatore. Il messaggio che i nostri vogliono lanciarci, leggendo tra le righe della partitura e sorvolando sul – per l’amor di dio condivisibile – anti-umanesimo dei testi, è che i veri musicisti non si siedono mai sugli allori e riescono sempre, anche dopo più di vent’anni di fortunata carriera, a reinventarsi ed innovarsi come se fossero agli esordi.
(Metal Blade Records, 2023)
1. Terrasitic Adaptation
2. We Eat Our Young
3. Scourge of the Offspring
4. The Insignificants
5. The Storm Upstairs
6. …And the World Will Go on Without You
7. A Photic Doom
8. Dead End Residents
9. Solastalgia
10. Just Another Body