Siamo a fine ottobre e a Milano le giornate si trascinano tra un acquazzone e qualche schiarita. Per fortuna esistono i concerti, arma con cui fendere la monotonia della vita di tutti i giorni e allontanare per qualche ora i ritmi frenetici della città. Siamo a fine ottobre e, tra un acquazzone e qualche schiarita, a Milano fanno tappa i Celeste, accompagnati in apertura dai nostrani THØRN, formazione blackened crust che, dopo 8 anni di attività, si presenta sul palco per l’ultimo, definitivo concerto. Ad organizzare il tutto è Hardstaff Booking, da anni punto di riferimento indiscusso per la musica estrema (e non solo), che ha recentemente portato i francesi anche a Bologna.
La location è il Bellezza, circolo Arci dalla proposta musicale sempre diversificata che spazia tra indie rock, cantautorato, dj set di varia natura e, ogni tanto, qualcosa di ben più pesante. Siamo al piano interrato, la sala più piccola ma più caratteristica del circolo, con palco basso, tubature a vista che offrono un certo fascino industrial decadente e una più che discreta acustica. In sintesi, la location perfetta per accogliere i Nostri.
Come detto, sono i THØRN ad aprire le danze con il loro sound ruvido, violento, diretto come un pugno in faccia. E’ l’ultimo atto del progetto e il gruppo sta suonando nella città dove tutto ha preso vita, il pubblico lo sa e si respira un’aria diversa. Qualcosa di bello, profondo, sta finendo. Ci mettono l’anima, la stessa che ci hanno messo per tutta la carriera, con un qualcosa di intangibile in più, quel senso di malinconia che conferisce all’esibizione ancora più pathos. Voce e basso scendono tra il pubblico, suonano a pochi centimetri dalle prime file, in trance. Un applauso sentito pone fine al progetto THØRN, a cui noi tutti diciamo ancora una volta grazie. Ad averne, di gruppi così.
A distanza di poco, il rosso delle luci che ha accompagnato i Thorne si fa quasi più intenso: sono arrivati i Celeste. Poi il rosso si spegne per lasciare spazio ad un bianco glaciale. Poche parole e pochi convenevoli, è la musica che deve parlare. Si inizia subito nella maniera più diretta possibile, con il gruppo che scarica sul pubblico, con la strumentale “(A)”, una manciata di minuti di quel black misto sludge che li ha resi riconoscibili in tutto il panorama estremo con la strumentale. Il bello, però, inizia con il secondo pezzo, quando fanno la comparsa sul palco i celeberrimi faretti rossi che i membri indossano ad ogni live. La luce passa dal bianco al rosso, colore che abbandonerà adesso solo all’ultimo pezzo. Quattro coni di luce fendono il pubblico, con il gruppo avvolto dall’oscurità data dal contrasto tra il rosso e il nero degli abiti. Non si vedono le facce, non si distinguono le espressioni, solo fasci di luce in un’architettura cromatica quasi infernale. La proposta per il concerto è uniforme, con brani presi principalmente da Assassine(s) e dall’EP Epilogue(s), attingendo anche dal repertorio quasi esclusivamente strumentale del gruppo. Suonano un’oretta circa e, così come è iniziato, con poche parole, il concerto finisce, ma non prima di aver regalato il pubblico “With Idle Hands” e le sue linee vocali eteree e distanti.
I Celeste non hanno bisogno di presentazioni, e i loro live nemmeno. Sulla semplicità (iconica) della scenografia minimale, dei giochi di luci e dei contrasti cromatici, i francesi innestano da anni una proposta non pionieristica ma assolutamente unica e riconoscibile, caratterizzata da una forza comunicativa di rara potenza. Bravissimi sia in studio che in live.