Sfido qualunque lettore di GOTR a trovare un compositore in grado di produrre con costanza nel tempo lavori interessanti, riuscendo impeccabilmente a rappresentare sotto forma di musica con peculiare sensibilità un messaggio, delle sensazioni, un’urgenza artistica sincera. Moltissimi degli artisti qui seguiti e ammirati, prima o poi sono incappati in quel che viene comunemente definito un “passo falso”, uno “scivolone”, un “incidente di percorso”. Innumerevoli le leggere cadute di stile, o le leggere inflessioni che, per carità divina, sono anche fisiologiche e non sol dettate da scelte discutibili di “mercato”. Altri paladini della nostra gioventù invece sembrano naufragare in un mare di mestieranza e pochezza d’ispirazione (o d’intenti) che pian piano fa calare l’asticella della nostra attenzione nei loro confronti, in alcuni casi mettendo in discussione la genuinità delle opere presentate in passato. E poi c’è Chelsea Wolfe che, da vera alfiera dell’oscurità eterea e dannata, sembra aver stretto un singolare patto con il diavolo. Basta dare un’occhiata alla discografia della californiana: sfido qualcuno di voi a trovare un album con dei veri passi falsi, o un qualche disco in cui non si trovi sempre un modo elegante e sperimentalmente affabile di descrivere il proprio universo decomposto. Il tutto rielaborando in maniera del tutto personale delle radici sonore ben riconoscibili che vengono in ogni lavoro destrutturate e rivestite diversamente ad ogni occasione, come se avessimo davanti un guardaroba lugubre e gotico da cui scegliere l’abito adatto per la serata che ci attende. Hiss Spun non fa altro che aggiungere un altro tassello alla collezione di successi di un’artista che meriterebbe ben altre attenzioni. Hiss Spun è l’abito più casual forse, aperto alle distorsioni metal-sludge che ben fanno presa su un certo pubblico. E Chelsea ha ben chiaro quale abito vuole indossare questa volta, per virare pagina ancora una volta e per conquistare l’attenzione di ascoltatori ben abituati a certi tipi di rendez-vous. Un abito stracciato, spirituale, madido di distorsioni, come mai finora presenti rispetto ai passati lavori. Infatti cambia l’abito, ma lo scheletro, il corpo, rimane sempre ben riconoscibile di lavoro in lavoro. E non è poco.
Abbiamo apprezzato il nocciolo folk-gotico più intimo della cantautrice americana in The Grime and the Glow. Abbiamo visto questo kernel interiore rivestito di drone sludge acustico, ossessivo e corrotto in Aποκάλυψις, per poi vederlo riproposto in una veste romanticamente – nel senso più letterario del termine – industrial e post-punk in Pain is Beauty, e, infine rivestito con decadenza dark-wave, quasi confluente in una sorta di drone gotico etereo, in Abyss. Hiss Spun osa meno dei propri predecessori e rappresenta la versione più terrena e sporca – forse anche più accessibile – delle composizioni apprezzate in Abyss, il tutto condito da un songwriting ineccepibile, fresco e da melodie riconoscibilissime. Si tende in effetti a una certa orecchiabilitá metal-friendly, in quanto ci si muove su territori decisamente già sentiti, per chi bazzica questi luoghi poco raccomandabili. Però ciò che fa funzionare alla perfezione Hiss Spun è il tatto artistico e l’apertura musicale di Chelsea Wolfe, i quali emergono da ogni nota, rivestendo le strutture sludge-folk di devastazioni drone noise. Le dodici tracce del lotto suonano sempre fresche e ispirate, marce, potenti, addirittura tendenti al black. Ma il tutto rimane tremendamente e paradossalmente orecchiabile e compatto. Basti ascoltare il singolo “16 Psyche”, “Static Hum” o “Twin Fawn”, che incalzano istante dopo istante, coinvolgendo chi ha scelto di avere un appuntamento con le tenebre. La malvagità intrinseca di “Vex” (condita dal cammeo di un certo Aaron Turner), “Spun”, “Scrape” ben si amalgama con i momenti più sospesi collegati al passato della californiana come “Offering” e “Two Spirits”, al limite di momenti melodici prossimi a quelli di una versione oscura di Björk nel suo periodo Vespertine. Il tutto rimane condito da una base sognante, la quale evolve in tutto il disco per poi colpire con dolce efferatezza, come nelle meravigliose “The Culling” e “Particle Flux”. Questa può essere considerata una scelta conservativa, ma non snatura affatto un’inclinazione di base che rimane profonda e coerente, riuscendo anzi a dare un’ulteriore aspetto estetico a un messaggio di fondo mai banale.
Hiss Spun rappresenta un’ulteriore dimostrazione di come la sensibilità artistica di determinati compositori possa riuscire a produrre risultati cangianti, ma comunque coesi all’interno di una certa identità musicale. Hiss Spun è una prova di maturità eccezionale priva di qualunque punto debole. Hiss Spun è un’altra facciata con cui una delle musiciste più dotate di talento di questi anni si presenta al mondo, invitandoci nel proprio universo decadente e visionario. Hiss Spun è un’altra veste stracciata e sporca di fango. Hiss Spun è un sussurro nelle sabbie mobili.
(Sargent House, 2017)
1. Spun
2. 16 Psyche
3. Vex
4. Strain
5. The Culling
6. Particle Flux
7. Twin Fawn
8. Offering
9. Static Hum
10. Welt
11. Two Spirit
12. Scrape8.5