“Bisogna trovare le parole giuste: le parole sono importanti”. Così Nanni Moretti apostrofava la sua interlocutrice in un meritatamente celebre dialogo di Palombella rossa, trasformando la frase in tormentone proverbiale pronto all’uso ogniqualvolta forma verbale e contenuto non coincidano per sciatteria, insipienza o superficialità. Non sappiamo se Lionel Forest e Nicolas Simon siano degli incalliti cinefili con un posto prenotato in sala per le proiezioni di qualità, ma di sicuro in qualche modo devono aver assorbito la lezione morettiana e, partendo per questa nuova avventura sotto le insegne Cløudy Skies, hanno scelto di fotografare con nitidezza il percorso musicale intrapreso, ricorrendo all’opportuno titolo Changes per battezzare la prima prova con il nuovo moniker.
Il sodalizio tra i due transalpini, infatti, è in realtà di antica data e rimanda dapprima all’esperienza metalcore nei disciolti Ambryo e, successivamente, al progetto post-metal-oriented degli Eyes Front North, ufficialmente tuttora attivi anche se in silenzio dal 2016 sul fronte delle nuove pubblicazioni. Rispetto alle rotte precedentemente tracciate, arruolato il batterista Conny Pettersson, i Nostri innalzano il vessillo del cambiamento innanzitutto nella scelta del moniker (tributo alla dissacrante e scanzonata band californiana Ugly Kid Joe, che ha illuminato la scena hard rock dei primi anni Novanta ed è recentemente riapparsa con un album tutt’altro che disprezzabile, Rad Wings of Destiny), ma soprattutto puntando su una miscela eccentrica e originale di cui, a conti fatti, le sonorità di stretta osservanza metal sono solo una delle componenti… e non la più importante. Certo, è pur vero che qualche refolo post soffia ancora sulle tracce, ma il cuore pulsante del platter batte decisamente altrove, anche oltre quella definizione di dreamgaze scelta dalla stessa band per definire l’orizzonte della propria poetica. Dall’indie al pop, passando per più di qualche spunto alternative, gothic e finanche darkwave, il risultato è un lavoro che accumula quasi serialmente suggestioni disparate e che al primo impatto rischia di provocare effetti spiazzanti per orecchie poco propense alle contaminazioni tra generi e ispirazioni. Chi predilige ortodossia e confini definiti troverà quindi motivi oggettivamente validi per storcere il naso di fronte a una bussola artistica apparentemente confusa e in mutevole orientamento anche all’interno dello stesso brano, ma, a conti fatti, è impossibile non sottolineare il coraggio del terzetto, a cui va riconosciuto almeno il merito di disegnare atmosfere sempre oniricamente accattivanti. L’altro punto di forza dei Cløudy Skies è di riuscire quasi sempre a impedire la tracimazione della componente melodica, indubbiamente significativa nell’economia complessiva del lavoro ma costantemente trattenuta alle soglie dell’easy listening radiofonicamente solare anche nei passaggi dove sono più evidenti i punti di contatto con l’immediata fruibilità pop. La vera arma vincente, in quest’ottica, è la prova al microfono di Lionel Forest, magari poco appariscente al primo impatto ma che al procedere degli ascolti conquista il centro della scena grazie a un approccio caleidoscopico in grado di spaziare da uno scream incisivo e incalzante (sia pur mai davvero abrasivo) ai sussurri e a momenti di recitazione quasi avanguardistica, finendo a bersaglio anche quando deve indossare i panni dell’interprete puro. Secondo gli intenti e le dichiarazioni della stessa band, Changes andrebbe considerato come un concept (le lettere iniziali delle singole tracce, ricombinate nel giusto ordine, sono un acronimo del titolo dell’album), ma va detto che ciascuno dei singoli episodi funziona benissimo anche in modalità stand alone, evidenziando una buona dose di riconoscibilità anche estrapolato dal contesto. Sette brani dalla durata mediamente sostenuta senza mai sfociare nella chilometricità, la tracklist apre le danze con la multicolore “Another Dream”, che ondeggia tra strappi black e un tessuto voluttuosamente decadente di marca gothic in cui serpeggia la malinconia oscura di scuola Tiamat, e insiste sulle stesse coordinate nella successiva “Nebulous Reflections”, prima di una sterzata muscolare su cui il cantato divaga in modalità “teatrale”. Paragonata alla coppia d’apertura, “Currents” offre indubbiamente meno viaggi sull’ottovolante stilistico, ma la resa qualitativa non ne risente in alcun modo, anzi, dimostra come i francesi siano del tutto a proprio agio quando si tratta di maneggiare non solo in forma di frammenti una materia con vista malinconica su prospettive gothic. Qualche nube si affaccia invece su “Echoes of the Ocean”, che scivola via piuttosto anonima con un sostanziale e incolore pareggio tra spinte catchy e sporcature post, ma a rimettere le cose a posto provvede la tripletta conclusiva, in cui si affollano le tappe più convincenti dell’intero viaggio. Si parte subito bene con le volute dilatate dell’eterea “Gleams and Ghosts”, che si carica di tensione strada facendo ed esplode in un finale policromatico e si sale ulteriormente di quota con la perla più sorprendente della compagnia, “Stars Still Shine”, distillato aureo della capacità dei Nostri di intrecciare canovacci e strutture apparentemente disparate nascondendone le linee di sutura, al punto che, nel ritornello, ci sentiamo di azzardare forse arditamente ma con diverse buone ragioni più di qualche richiamo ai Def Leppard di Hysteria. Manca soltanto, a questo punto, un tocco di struggente poesia e all’uopo provvede abbondantemente la conclusiva “Haze on the Way”, splendido affresco dalle tinte crepuscolari attraversate da brividi black che promettono esiti dissonanti ma che finiscono per spalancarsi in aperture space/ambient su cui far calare il sipario con raffinata eleganza.
Coraggioso e sperimentale senza peraltro mettere in campo rotture clamorosamente definitive con le traiettorie artistiche precedenti dei suoi attori, ipnotico e a tratti quasi incorporeo ma capace anche di sollevare onde cariche di energia, Changes è un album sicuramente non privo di qualche imperfezione e con qualche passaggio non del tutto a fuoco, ma complessivamente siamo al cospetto di una prova ben più che convincente, trampolino di lancio ideale in vista di futuri cimenti. Le parole sono importanti e i Cløudy Skies hanno scelto quelle giuste, per definire il loro nuovo cammino e muovere i primi passi.
(Argonauta Records, 2023)
1. Another Dream
2. Nebulous Reflections
3. Currents
4. Echoes of the Ocean
5. Gleams and Ghosts
6. Stars Still Shine
7. Haze on the Way