Se Krv i pepeo, prima e precedente uscita di CMPT, verteva sul sangue che bagna da sempre le terre balcaniche, Na utrini ci mostra il fango, il suolo sterile, gli abbandonati terreni fuori dai villaggi dove nessuno si avvicina da tempo. Si sa poco di questo progetto, bisogna andare in rete a cercare informazioni e sembra che abbiamo a che fare con una one man band il cui titolare è Vidak Lešina, pseudonimo del polistrumentista Vladimir Uzelac con trascorsi recenti e passati in altre band della Vojvodina. L’esordio di CMPT (morte, secondo l’alfabeto cirillico) avviene nel 2021 con l’EP Mrtvaja, molto influenzato dal Burzum pre-Filosofem, a cui segue il citato e validissimo Krv i pepeo, disco ragionato e intriso di nera drammaticità che si avvicina a sensazioni e sonorità care anche ai Drudkh. Ecco quindi Na utrini, seconda parte di una trilogia che vuole raccontare l’oscuro folklore che accompagna i popoli che secoli fa si sono stanziati a sud del Danubio e, nello specifico, ciò che avviene nelle “ore sorde”, ovvero il tempo notturno nel cui silenzio demoni, streghe, entità pre-umane e maleficio si scatenano da sempre.
Progredisce, si sviluppa, il black metal di CMPT che potremmo definire atmosferico con tinte folk e depressive ma senza mai strabordare in una netta demarcazione di genere. Certo, rimangono i Drudkh, i Bathory più epici e aggiungerei i Katatonia (fino a Discouraged Ones) come ispirazione e influenza, soprattutto quando i midtempo che caratterizzano Na utrini vanno a dipingere desolanti panorami. Il depressive si sente soprattutto in qualche sprazzo urlato della voce mentre il folk è ben dosato e intelligentemente Vidak Lešina è molto attento nel non proporre marcette in tre o quattro quarti che spesso tendono a svuotare di bellezza tante uscite del genere. Si sente, sì, in qualche passaggio di chitarra o in qualche costruzione ritmica ma ciò in cui si sente di più è l’ambientazione generale e il mood che CMPT vuol trasmettere. Bene quindi i rumori di ambiente, il flauto ingenuo e sgraziato che fa da ottimo legante ai vari brani e che introduce la title-track che apre il disco. Ugualmente bene l’uso di synth e tastiere con sonorità molto anni Novanta che portano la mente ai primissimi Moonspell (altro gruppo che, agli inizi della propria carriera, ha utilizzato il folk in maniera egregia). Come scritto poco sopra, la maggior parte dei brani è improntata su dei midtempo in cui la doppia cassa la fa da padrona, non per questo si disdegnano sfuriate in blast beat. Se dovessi indicare dei brani che impressionano particolarmente la menzione va al trittico tra quarto e quinto pezzo, ossia, “Mesečina” (solo omonima, credo, del tradizionale portato alla fama da Goran Bregović) con il bell’arpeggio iniziale che torna nel brano a spezzare la tensione, l’interludio “Campus de Maxond” e quel flauto che va a marcare la sua impronta significativa nel disco e infine “Crna voda” che parte violenta e che trova poi un bel riff quasi rockeggiante a renderla l’episodio più originale del disco.
Si fa apprezzare e non poco questa seconda uscita di CMPT ed è giusto il suo farsi portavoce di una scena come quella serba (e jugoslava in senso lato) che avrebbe tanto da raccontare. Forse un po’ più di varietà nelle scelte compositive e nella voce ci avrebbe trovato ancora più favorevolmente colpiti ma questo ci permette di attendere con fiducia e speranza quello che sarà il terzo capitolo di questa cupa e opprimente trilogia.
(Osmose Productions, 2024)
1. Na utrini
2. Oppidum Panuka
3. Mesečina
4. Campus de Maxond
5. Crna voda
6. U raljama košave
7. Kao srp u noći
8. Δ ΙΣΤΡΟΥ