Ne è passata di acqua sotto i ponti da quando i Code Orange erano ancora Kids e pubblicavano l’EP Cycles. Da lì a poco sarebbero approdati alla Deathwish, giungendo alla ribalta con gli album Love is Love / Return to Dust, ancora sotto il moniker di Code Orange Kids, e con I Am King. Nel mezzo un paio di split interessanti usciti per la Topshelf con i Full of Hell e con Tigers Jaw, Self Defense Family e The World Is a Beautiful Place & I Am No Longer Afraid to Die. Probabilmente è stato l’ultimo tour con i Killswitch Engage ad avvicinarli alla Roadrunner che, seppur ormai lontanissima dai fasti del passato, ha scelto di portare avanti una politica consistente in esigue uscite di grossi nomi, calibrate e curate, sebbene non sempre se ne possa dire un gran bene.
Forever è un album coraggiosissimo. I Code Orange non abbandonano il loro hardcore sludge appena sbozzato e ricco di influenze né i loro marchi di fabbrica come certe chitarre strisciate che tagliano l’aria, una polverosa acidità, l’alternanza delle tre voci, cambi repentini, soluzioni compositive sempre azzardate, tirate di solo basso e batteria e, appunto, l’inconfondibile batteria profondamente influenzata nella struttura dalle prestazioni vocali di Jami Morgan. Il che risulta chiaro dall’hardcore lurido di “Kill the Creator” coi suoi bei breakdown metalcore e con la partecipazione di Jeremy Tingle dei Lifeless, dalla muscolosa e quasi deathcore “The New Reality” e dall’ortodossa “No One Is Untouchable”. Non stupiscono più di tanto le influenze emo, grunge e shoegaze – malinconiche, novantiane ma allo stesso tempo pungenti – in “Bleeding in the Blur” o nella conclusiva “dream2”, sia perché non sarebbe la prima volta per loro – ricordiamo “Dreams in Inertia”, “Calm Breathe” o “Colors (Into Nothing)” -, sia per l’esperienza di tre quarti della line up nel side project alternative / emo Adventures. Mentre colpiscono le tante influenze industrial. Nine Inch Nails in “Hurt Goes On”, i Prong di Rude Awakening in “Ugly” che è un brano dalle linee melodiche più definite. Per il resto pare che abbiano fatto incetta dell’industrial proprio made in Roadrunner. In “Real” a un certo punto ci aspetteremmo quasi che partisse “Shock“ dei Fear Factory mentre “The Mud” può rievocare i Front Line Assembly anche se, con quegli iati interni, è una canzone un po’ pasticciata. E ancora si può sentire l’effettistica elettronica inquietante degli Slipknot, che ben si presta alla creazione di atmosfere orrorifiche e insane. Addirittura, in “Spy”, i Code Orange si spingono a rievocare i Machine Head dei primi due album lasciando apparire le ombre di “Old” e “Ten Ton Hammer”.
Chi ha seguito la parabola musicale dei Code Orange non avrà particolari difficoltà ad apprezzare le tante sfaccettature di Forever e il nuovo corso della band arricchitosi di ulteriori influenze, gli altri potrebbero trovarsi davanti solo un album strano, (volutamente) incompiuto – basti anche solo pensare a come termina la conclusiva “dream2” -, poco coeso stilisticamente, senza centro e strutturalmente sconclusionato. Per noi Forever resta un album cupo, duro, eclettico, sia che suoni hardcore sia che si faccia industrial, in cui, nonostante tutto, è sempre ben identificabile il marchio di fabbrica Code Orange, piacevole, a patto che si riescano a mandar giù certe arbitrarie bizzarrie.
(Roadrunner, 2017)
1. Forever
2. Kill the Creator
3. Real
4. Bleeding in the Blur
5. The Mud
6. The New Reality
7. Spy
8. Ugly
9. No One Is Untouchable
10. Hurt Goes On
11. dream2