L’EP omonimo degli inglesi Concrete Ships aveva messo in luce un trio assolutamente da tenere d’occhio, con un sound che presentava idee non ancora così battute, o meglio espresse in maniera un po’ più originale del solito. Tre anni sono passati e i risultati sono sorprendentemente ancora più eccitanti di quel che si poteva pensare. In Observance è quindi il disco di debutto di questi pazzoidi musicisti che, un po’ alla maniera di Quentin Tarantino, prendono il passato, lo fanno a pezzi e ci creano poi qualcosa di post-moderno. Musicalmente parlando il tutto parte dal noise rock, che però viene usato quasi come collante per la stravagante miscela di stili coinvolti.
Questo disco appare come una sorta di film, o come un viaggio, che parte in un modo e finisce in un altro. Si inizia nella maniera più, diciamo, consona al genere; il basso dell’opener “Flotilla” deflagra senza pietà con il suo incedere spavaldo mentre la batteria supporta la distruzione con aria dritta e senza riserve. La chitarra invece assume un ruolo più di contorno a suon di ritmiche annebbiate e aspre con tanto di assolo schizzatissimi. Lo stile vocale è nel classico stile brusco e rumoroso. Fin qui nulla di particolarmente innovativo, ma bisogna attendere le derive psichedeliche di “A Record Of Ancient Matters” per comprendere come i Concrete Ships abbiano lavorato sugli arrangiamenti. Il sound si fa enigmatico e la chitarra si scatena in un terremoto ai limiti del math rock in un vortice di squilibri sonici. Ad ogni traccia il minutaggio si fa più elevato e si fa strada un certo heavy psych/prog vecchia scuola ma attualizzato e smembrato di ogni elemento romantico e nobile. I break si fanno allucinati, rumorosi e lo space rock diviene imperatore richiamando gli Hawkwind con un lavoro di batteria sempre più pacato e raffinato. La furia primordiale ovviamente non manca ed anzi viene perfettamente inglobata. Dopo un breve intermezzo la dilatazione uditiva si sgretola sempre di più con il basso del cantante Chris che flirta con il blues ed il cantato diventa quasi un mantra, dipingendo un noise psichedelico (“Vibration White Finger”) sempre più tendente al drone della finale “We Never Were” ma anche qui al trio piace divertirsi. C’è un’evoluzione continua; dalla batteria arcana, al basso demolitore e la chitarra apocalittica, specie nelle melodie tirate con una psichedelia sempre più stridente. Niente tecnicismi inutili ma un approccio agli strumenti sperimentale come si faceva una volta, usando la conoscenza strumentale per trasmettere qualcosa.
In Observance è un gran bel passo avanti rispetto al primo dischetto e di questi tempi sentire tanta meraviglia uscire da un disco è cosa rara. Over the top!
(Trepanation Recordings, 2021)
1. Flotilla
2. A Record Of Ancient Matters
3. Clouds
4. Observe
5. Vibration White Finger
6. We Never Were