I Confine, una sorta di side project tra musicisti veneti, prendono le mosse un paio d’anni fa, quando uscì la demo Nemico Escatologico. Era un buon esercizio di stile, che seguiva la tradizione dell’hardcore italiano canonico con qualche tirata grind (“Bestia”) e che conservava ancora una buona attitudine politica (“Intifada”) e un piglio anticlericale sferzante e mai parruccone. Nel seguente split con i Mos, Salto nel vuoto, il seme dei Confine continua a germinare. “Yes” e “Disimpegno” si presentavano come dei manifesti, e la band dava l’impressione di volersi lasciare dietro la musoneria dell’hardcore per accogliere una debosciata inclinazione al, come appunto dicono loro, disimpegno. Non che la materia venga del tutto abbandonata, è il modo in cui viene trattata a cambiare. Laddove infatti la faziosità politica del genere sembra abbia perso la propria credibilità in un momento storico che non concede più utopie, la risata e l’ironia postmoderna sembrerebbero essere la maniera più seria per poter metter nuovamente voce su certi argomenti.
Il nuovo C.I.O.D.E., uscito per la Tanato Records, ci sembra il punto in cui il sorriso intelligente e amaro dei Confine, la loro disillusa cazzoneria, giunge a piena maturazione. Ma C.I.O.D.E. è un oggetto maturo sotto ogni punto di vista, specie per un songwriting contaminato, l’ottima produzione e la cura meticolosa con cui le liriche vengono incastrate alla musica. Il teste perfetto di tale crescita potete trovarlo facilmente anche solo mettendo a paragone la prima versione di “Nel 2015”, contenuta nel sopracitato split, con quella di C.I.O.D.E., che diventa uno stupendo pezzo thrashcore con cori hardcore. Il sound del nuovo album, infatti, se non abbandona del tutto le influenze dell’hardcore italiano (“Fate i Nabat”) e di un certo hardcore della vecchia scuola newyorkese (“Camonata”), si arricchisce di spunti metal e tanti tagli pesanti: grindcore, beatdown e thrashcore. “Grondayah” è un pezzo grind di venti secondi. Ma, come accennato prima, è un deciso appesantimento thrashcore, e il modo in cui si sposa alle sfuriate hardcore, a caratterizzare questo loro nuovo lavoro. Esemplari perfetti di questa tendenza potrebbero essere “Porto Viro”, dal testo serio e con un finale prodigo di schiaffoni, e la massiccia titletrack che presenta anche un tocco di groove. I momenti migliori, per chi scrive, sono invece “Gesù il Cristo”, in cui una chitarra impazzita ci da dentro con un tagliente riffing metal che non ci si aspetterebbe, e la conclusiva “Cavarzere”, che è il nome della loro città, una bomba che non vi dico.
Muovendosi tra la tradizione dei Raw Power e il nuovo suono dei vicini di casa Slander, i Confine, tra il serio ed il faceto, danno vita, assieme almeno ad Assalto dei Carnero, a uno dei migliori esemplari di hardcore nostrano di questo inizio anno. Cool.
(Tanato Records, 2017)
1.Camonata
2.Porto Viro
3.C.I.O.D.E.
4.Grondayah
5.Fate i Nabat
6.Gesù il Cristo
7.Maurizio II
8.Nel 2015
9.Cavarzere