Tra le infinite strade che possono condurre all’incontro con nuovi moniker in emersione dall’inevitabile fase di apprendistato di inizio carriera, farsi catturare o almeno ben disporre a priori dall’artwork di una cover non è probabilmente l’approccio più ortodosso, ma confesso che qualche volta cedo volentieri alle lusinghe grafiche confidando in una corrispondenza tra immagini e contenuto ed è più o meno così che nel 2019 mi sono imbattuto negli irlandesi Coroza, colpito dall’eccellente copertina del loro esordio Chaliceburner, opera dell’artista/illustratore Mat Miller.
Nella circostanza, la promessa era quella di un platter ad alto tasso psichedelico ed effettivamente l’ora abbondante di ascolto per larghi tratti non ha tradito le attese, tra stoner, doom e consistenti nervature sludge a tormentare atmosfere e andature. La sensazione immediata è stata quella di trovarsi al cospetto di un buon lavoro, con l’unico limite di avere probabilmente messo un po’ troppa carne al fuoco ma anche con la certezza che, affinando linguaggio e scelte artistiche, il quartetto di Cork fosse in possesso di più di una carta, per puntare ad esiti qualitativamente ragguardevoli. A cinque anni di distanza, la conferma di una simile previsione/aspettativa arriva con questo As Within, ennesima dimostrazione di come i sophomore siano spesso passaggi cruciali nella carriera delle band, forse in qualche modo creativamente più libere dopo le pressioni del debutto. Intendiamoci, non siamo al cospetto di alcuno stravolgimento della rotta tracciata dal predecessore, ma è indubbio che, a ingredienti solo parzialmente mutati e ricombinati, stavolta la resa complessiva dell’insieme sia decisamente più convincente e coinvolgente, a cominciare da una maggiore “sobrietà” sul versante del minutaggio delle tracce in grado di tenere a bada quel rischio di dispersione e calo della tensione trasmesso a tratti dai solchi di Chaliceburner. La ricetta si basa ancora sui sacri dettami della tradizione doom innervata da rivoli psichedelici che rimandano in parte alla mistica dei “viaggi” settantianamente intesi, ma stavolta l’accento è posto particolarmente sulla potenziale resa cinematografica della componente psych, che finisce per intercettare ed esaltare i canoni della poetica post-metal in un misto di visionarietà e claustrofobia (e con siffatte premesse non stupisce che dietro le quinte si muova la mano esperta di un guru come Magnus Lindberg). Ecco, allora, da un lato un’andatura pesante e cadenzata che si candida a colonna sonora ideale per l’edificazione di strutture imponenti e, dall’altro, l’improvvisa apertura di voragini con vista sull’abisso, da cui emergono figure sinistramente spettrali a metà strada tra l’epica di scuola Cult of Luna e i tormenti di marca Amenra. Attenzione, però, a considerare il platter come un campo di battaglia dove si affrontino in singolar tenzone solo potenza e distorsioni distopiche, perché nell’arsenale Coroza c’è molto di più, a cominciare da un approccio melodico decisamente più a fuoco rispetto al debut, passando per tentazioni prog che si affacciano in più di un’occasione nelle ritmiche, per concludere con strappi che lambiscono le soglie del black. A completare il quadro provvede la grande prova di tutti i componenti del quartetto, con Tomás O’Brien e Ollie Cunningham impeccabili nel condurre quattro corde e batteria ad approdi marziali e la coppia Ciarán Coghlan/Jack O’Neill a spartirsi i compiti tra chitarre e microfono. Ed è proprio il comparto vocale a far guadagnare all’album un altro gran titolo di merito, con le due ugole costantemente impegnate ad avventarsi sulle trame sonore brandendo lame acuminate che squarciano la tela narrativa in un trionfo di incubi e allucinazioni. Cinque tracce per poco più di quaranta minuti di ascolto complessivo, As Within promette di non fare prigionieri fin dalle prime note dell’opener “Myrrh”, monolite nerissimo che si avvita in spire sempre più cupe e soffocanti intorno a un’ossatura vagamente orientaleggiante prima di prendere per un attimo velocità, ma, proprio quando la sorte della traccia sembra segnata, i Nostri calano l’asso di uno stop and go da cui si riparte con un rinnovato slancio doom esaltato da un finale con sua maestà il riff in evidenza. Anche la successiva “Immersed” utilizza l’arma del cambio repentino di ritmo, facendo rapidamente calare il sipario sul primo minuto di furia black e spalancando le porte al post d’autore, tra altopiani in crescendo emozionale e improvvise esplosioni di energia carica di ansia e angoscia, in cui riecheggia con maggior peso (e gran costrutto…) la grande lezione Amenra della saga Mass. Dopo due traversate così oltremodo tempestose, si impone quasi fisiologicamente una sosta e il compito è assolto magistralmente dalle traiettorie psych-stoner e desert rock di “The Shifting Sands”, la traccia più breve della compagnia ma non per questo la meno accattivante, complice un’attitudine blues del tutto nelle corde del quartetto, che può permettersi nella circostanza finanche di rinunciare del tutto al cantato. Muscoli e tensione tornano protagonisti con “Scorched Earth”, in cui pulsa a lungo un’inattesa vena quasi liturgica a fare da controcanto ai passaggi più acuminati, prima della resa definitiva a un orizzonte iniettato di vapori acidi. Il gran finale è affidato alla title-track, che aggiunge un altro fondamentale tassello al quadro d’insieme grazie a un significativo carico di visionarietà (non siamo in territori space in senso stretto, ma c’è un profondo respiro cosmico che si aggira tra i solchi), finché non salgono in campo le sei corde, protagoniste assolute di un finale da applausi in cui ricamano arabeschi capaci in un attimo di trascinare in dimensioni parallele.
Architetture maestose che si stagliano su cieli attraversati da lampi minacciosi, andature solenni ma sempre pronte a virare verso esiti obliqui, colori in perenne ricombinazione, As Within è un album che accende i riflettori su una band che ha definitivamente abbandonato la dimensione del buon cabotaggio degli esordi per affrontare (e vincere) la sfida del mare aperto. Se queste sono le premesse, il futuro dei Coroza sembra già scritto, tra le realtà più promettenti della scena doom a tinte sludge/post.
(Cursed Monk Records, 2024)
1. Myrrh
2. Immersed
3. The Shifting Sands
4. Scorched Earth
5. As Within