Il disco di cui stiamo per parlarvi farà la felicità di chi ama i Katatonia di fine anni Novanta/primi Duemila, i Novembre e tutta la scena coeva romana (inclusi i primi Klimt 1918 e i Room With A View), i Lacrimas Profundere, i primi Anathema e più in generale tutto il gothic metal degli anni Duemila. Se vi sentite compresi in questa descrizione continuate pure nella lettura e avrete di che gioire, in caso contrario potete pure smettere di leggere. Composti da Jarno Salomaa Petrushevski (Shape Of Despair, ex-Rapture) e Tomi Ullgren (Shape Of Despair) alle chitarre, Ilpo Paasela (The Chant) alla voce, Sameli Köykkä (Colosseum, Cynabare Urne) alla batteria e Markus Forsström (The Chant) al basso, i Counting Hours esordiscono nel 2020 con il botto: il loro debutto The Will è una perla di dark metal/doom melodico come solo le band del nord Europa sanno fare, infarcito però da sonorità che richiamano tantissimo i nostrani Novembre; quattro anni dopo ecco spuntare The Wishing Tomb, e per fortuna nulla è cambiato.
La componente “katatonica” è ancora forte e la si percepisce sin dal secondo brano, “Timeless Ones”, nel quale le linee di chitarra debitrici della band di Renkse e soci apparecchiano la tavola ad un’andatura magnificamente gothic metal, assolutamente non piaciona e ruffiana ma al contrario graffiante e decadente al tempo stesso: non a caso abbiamo citato la scena gothic romana dei primi anni Duemila, caratterizzata da una grandeur così piacevolmente autunnale e malinconica. Tutti i pezzi di The Wishing Tomb alternano umori languidi, atmosfere delicate e romantiche, parentesi più marcatamente doom gothic e un approccio vocale ora più setoso e avvolgente, ora più graffiante, ma sempre squisitamente a fuoco e mai fuori dalle righe. Insomma, un gradevolissimo balzo indietro nel tempo che riesce ad emozionare nonostante vada a citare gruppi storici stra-quotati riprendendo un genere ormai saturo da tempo. La scaletta non presenta passi falsi e mantiene costante l’alchimia di atmosfere e sonorità già citate, e i quasi cinquanta minuti di durata dell’opera scorrono via che è un piacere, lasciando la voglia di premere nuovamente “play” quando il disco è finito.
Cosa dire dei Counting Hours e del loro The Wishing Tomb? Siamo di fronte ad un lavoro che si presta a due possibili valutazioni secondo come lo si vuole vedere. La sua natura di revival di sonorità e band citate all’inizio di questo scritto, seppur rielaborate e rese in maniera qualitativamente egregia ed eterogenea, può essere vista da un lato come sin troppo derivativa, dall’altro, con un occhio nostalgico, la si può amare incondizionatamente. Qui entra in gioco la sensibilità del lettore di questa recensione, che, se è arrivato fino a qui, evidentemente è attratto dai gruppi citati in apertura. Se ci si aspetta originalità forse si rimarrà delusi, se si è invece creature di indole nostalgica si rimarrà invece irrimediabilmente stregati da queste sonorità. Qualunque sia il punto di vista non si potrà però non riconoscere la qualità dell’opera dei finnici, che sono stati in grado di confezionare un prodotto perfetto per questa fredda e piovosa stagione, un album al tempo stesso cullante e sferzante, un gelido e rassicurante abbraccio come solo il buon gothic metal sa(peva) essere.
(Ardua Music, 2024)
1. Unsung, Forlorn
2. Timeless Ones
3. Away I Flow
4. All That Blooms (Needs To Die)
5. Starlit / Lifeless
6. The Wishing Tomb
7. No Closure
8. A Mercy Fall
9. This Well Of Failures