
I Cranial sono la più recente incarnazione di Michael Melchers, che da superstite degli Omega Massif ha scelto di ricostruire da capo, da solo, il suo percorso musicale, distaccandosi dalle scelte degli altri ex-membri. Nel 2015 ha realizzato il primo disco (l’EP Dead Ends) e lo ha pubblicato con la Moment Of Collapse, etichetta che da allora accompagna ogni release dei Nostri. EP a cui sono seguiti altri due album in due anni, e, a seguire, una sosta, che dal 2019 si è protratta fino ad ora, e che si è appena interrotta con la release di Structures, uscito ad inizio Ottobre. L’album è collocato nella scia di quanto fatto finora dalla band tedesca, dedita ad un sound opprimente e durissimo che predilige avvolgere l’ascoltatore anziché travolgerlo con un assalto sonoro brutalmente intransigente che non lascia spazio per respirare. Ovvio che con una scelta di questo calibro, la produzione debba necessariamente essere all’altezza, e così è (stato) per Structures, perfettamente bilanciato nel saper colpire nel momento giusto con un suono grintoso, ragionato e meravigliosamente adatto allo scopo per cui è stato creato.
Quelli colti li definiscono post-metal, noi che non abbiamo mai capito che cosa significhi questo termine, preferiamo pensare ai Cranial come alla colonna sonora di una craniotomia (perdonate i ripetuti riferimenti medici ma è lì dentro che viviamo da oltre trent’anni) con cui andare a rimuovere parte della calotta cranica per provare a capire quanto dolore ci possa essere dentro le menti umane. Una perforazione cranica grazie a cui la musica ti entra realmente nel cervello. Che poi, è esattamente quello che accade durante l’ascolto dei quattro lunghissimi brani del disco. Anche se figuratamente. Quello dei Cranial è un lavoro ai fianchi di chi ascolta. Ma – fortunatamente, almeno per noi – mai eccessivamente orientato verso velocità impegnative. Un album che riempie e satura l’ambiente, poco alla volta, in modo quasi ipnotico, fino al coinvolgimento totale, fino al momento in cui le chitarre riescono finalmente a farsi spazio tra le scissure cerebrali e a devastare tutto quello che trovano sul proprio passaggio. Un momento in cui non sappiamo quanti e quali di voi sapranno essere in grado di sopravvivere.
Attenzione però. Non è un disco di quelli che porterò con me a fine anno, nella playlist riassuntiva, ma è uno di quelli a cui guardo con attenzione e rispetto. Uno di quei dischi che meritano ascolti ripetuti e che possono regalare soddisfazioni a chi ha voglia di farsi del male. Un disco che è fatto veramente bene, ma che non è per me. Ma a cui riconosco l’indubbio e l’innegabile valore. Non farlo sarebbe stato disonesto e irriconoscente. Ho molti difetti ma non questi due.
(Moment Of Collapse Records, 2025)
1. Guidelines
2. Structures
3. Into The Abyss
4. The Beauty In Aggression


