Molti sono stati i dubbi e le perplessità sulla nuova opera degli svedesi Cult Of Luna. Il precedente A Dawn To Fear mostrava una band conscia dei propri mezzi, dimostrandosi una gemma che brillava di una luce multicolore. Oggi, però, non c’è in ballo solo nuova musica ma anche la decisione di essere totalmente liberi, così la compagine nordica intraprende la via dell’indipendenza creando una propria etichetta discografica, la Red Creek. Passato più o meno un anno e mezzo dall’ultima release arriva l’EP The Raging River, uscito in svariati formati, per un totale di quasi quaranta minuti di musica spalmati in cinque tracce, praticamente quasi un intero album. Gli alfieri del post-metal con quest’opera alzano il sipario su qualcosa la cui spiegazione non è così immediata.
Chi scrive si è trovato in non poca difficoltà e ha dovuto riascoltare le tracce più volte per schiarirsi le idee, e questo può essere un bene o un male a seconda dei punti di vista. Le canzoni sono inquadrabili come fossero in un limbo, o, come la stessa band afferma: “The Raging River feels more like a bridge. A midpoint that needs to be crossed so we can finish what we started with 2019’s A Dawn to Fear“. Da un lato questo EP pare una compilation di materiale rimasto fuori da A Dawn to Fear, mentre dall’altra sembra un miscuglio di idee poco chiare su come si intenderà proseguire in futuro. Forse la soluzione sta proprio nel trovare un equilibrio di pensiero. La band sentiva il bisogno di buttare fuori certe intuizioni rimaste ferme da troppo tempo (probabilmente residui dalle sessioni di registrazione) e difatti brani come “Three Bridges” e “I Remember” pongono in primo piano le tipiche atmosfere apocalittiche a suon di chitarre deflagranti e ritmiche possenti con i classici disegni melodico/evocatici a fare da collante. In particolare la prima traccia pone l’accento sull’etereo grazie ad un’attitudine post-rock celestiale con un furore epico che cresce magnificamente. Non ci sono però sorprese particolari se non i dettagli in sottofondo, ma sono molto sottili e si percepiscono solo dopo diversi ascolti. Questo è uno dei limiti: essere ancorati fin troppo al passato. Le altre tre tracce necessitano un ulteriore approfondimento. Qui si cerca di sviluppare ed evolvere dei concetti che però non ne traggono particolare beneficio, rimanendo nuovamente dentro i propri limiti. “What I Leave Behind” ha un incedere melodic doom/death metal stile Ghost Brigade con il suo mood decadente e un basso ben in evidenza, e sul finale si erge un muro di suono monumentale. Anche in questo caso il cuore non sobbalza, le emozioni sono in qualche modo soffocate, salvo in parte ritornare a nuova vita con la finale “Wave After Wave” circa dodici minuti di andamento un po’ atipico che mescola la sperimentazione di Vertikal con bordate sludge fumose che richiamano il passato per concedersi poi alcune atmosfere oniriche. E’ la proverbiale quadratura del cerchio con cui presumibilmente i Cult Of Luna vogliono abbandonare una strada per prenderne un’altra. Ovviamente non possiamo dimenticare la collaborazione con Mark Lanegan nella soffusa “Inside of a Dream”, ma anche qui le sensazioni sono molteplici. Il blues oscuro che scaturisce potrebbe anche essere interessante ma il pezzo vede principalmente l’ugola maestosa di Mark occupata a deliziare l’ascoltatore, mentre il resto dei musicisti è in ombra con arrangiamenti minimali. Non c’è una fusione o qualcosa di armonico, ma sembra di avere Mark che canta da una parte e i Cult Of Luna che fanno da background nell’altra – si pensi a Lulu di Lou Reed e Metallica per avere un’idea, ma in ogni caso qui il risultato è sicuramente migliore.
The Raging River è un disco controverso, strano, che creerà non poche discussioni circa il suo effettivo valore. Lavoro molto di mestiere seppur eseguito a regola d’arte. Ci aspettavamo comunque molto di più.
(Red Creek, 2021)
1. Three Bridges
2. What I leave Behind
3. Inside of A Dream (featuring Mark Lanegan)
4. I Remember
5. Wave After Wave