Dalila Kayros @Sala Nera, Corte dei Miracoli, Siena 15.02.2025
Pulse Electro Music Festival III
Sabato 15 Febbraio. Pioviggina in quel del Granducato, ma siamo determinatissimi a fregarcene, e a imbarcarci in direzione Siena. L’occasione è troppo ghiotta per lasciarcela sfuggire. Dalila Kayros sbarca nel continente per eseguire il proprio rituale a poco meno di un’ora di macchina dal quartier generale di Toten Schwan.
Macchinata standard con la sempre più paziente signora Toten che mi accompagna in ogni mio delirio, e la nuova, ma già rodata, coppia dei due “latinos” sudamericani sul sedile posteriore. I cani stavolta restano a casa, siamo al chiuso, patirebbero troppo.
Mentre ci avviciniamo alla Repubblica Ghibellina di Siena, gli astri mutano la loro considerazione nei nostri confronti e spazzano via la pioggia, donandoci in cambio però un gelo inatteso che si spinge fino a un paio di gradi sotto lo zero.
Ad ogni modo, arriviamo e raggiungiamo Corte dei Miracoli in tempo per incontrare Danilo Casti, che da anni accompagna Dalila Kayros sul palco. Una manciata di minuti insieme e lo salutiamo, con l’appuntamento per approfondire la serata in compagnia a fine concerto. Siamo all’interno della seconda, e conclusiva, serata di Pulse Electro Music Festival che giunge alla terza edizione. In scaletta stasera abbiamo, oltre a Dalila Kayros, anche Stato Brado e Mont Baud, che non avrò modo di seguire, proprio per il motivo di cui sopra.
Con una mezz’oretta di ritardo i due prendono possesso del palco. Delay decisamente accettabile rispetto a quello che, solitamente, siamo abituati a riscontrare. Si parte finalmente, e lo facciamo con un tributo ad Animami (album che ho davvero molto amato, e di cui ho scritto su queste pagine), I primi due brani infatti sono gli unici tratti dal disco del 2022 che sta per andare in archivio. Ad Aprile infatti è in uscita il nuovo album Khthonie. “Abyss” e “Breath” aprono le danze e mostrano sin da subito, a chi ancora non conosce il potenziale di Dalila, quello che sarà il tenore della serata.
Frutto di un momento storicamente irripetibile (leggasi lockdown), Animami è uno spaccato non contestualizzabile con il presente, e non rappresenta più quello che il duo Kayros-Casti vuole dirci. I tempi sono cambiati, e le atmosfere, a tratti rarefatte e meditative, che lo hanno caratterizzato, stanno andando a sparire. Il mondo ha ripreso a correre, la follia consumistica ha recuperato il tempo perduto durante il time out della pandemia. Siamo nuovamente a bordo di una macchina lanciata a folle velocità verso un futuro che non potrà che essere disastroso. I prodromi della disfatta ci sono tutti. L’altra vera follia è quella di chi non vuole rendersene conto.
Khthonie rappresenta la colonna sonora di questa aberrante deviazione che abbiamo fatto nostra. È un grido di ribellione della terra, intesa come madre di tutto l’universo, che chiede di tornare a metterla al centro di tutto. Sono davvero tempi apocalittici quelli che stiamo vivendo, e il set di Dalila Kayros ne è la conferma. Dimentichiamoci la (quasi) comfort zone del passato. Ora c’è spazio soltanto per una violenza sonora che annichilisce. Le ritmiche si sono fatte molto più serrate e oppressive, al limite del fastidio. Su tutto, come sempre, svetta la voce di Dalila, che domina il sabba orchestrato da Danilo Casti e dalle sue macchine infernali. Le sue parole sono le urla della terra, un grido che guarda alla ribellione, prima che sia – davvero – troppo tardi.
Nei quasi quarantacinque minuti che avevano a disposizione i due hanno, come detto, omaggiato e salutato Animami con i primi due brani, per poi andare a proporre quattro estratti dal disco che è in arrivo (e che quindi, per noi, sono manna dal cielo, che facciamo immediatamente nostra), due inediti “Aniha” e “Ind4stria” e una rivisitazione di “Hacab”, pezzo originariamente apparso su Nuhk, album del 2013.
In un mondo che vive di algoritmi che guardano alla pacificazione dei sensi, Dalila Kayros effettua un vero e proprio sabotaggio sonoro, con cui riscrive il paradigma sociale, rimettendo al centro delle attenzioni il nostro futuro, che, inevitabilmente, passa in modo quasi esclusivo, attraverso la (nostra) gestione del presente. La contaminazione. È questa l’unica strada che possa permetterci di effettuare il cambio di passo. Quella stessa contaminazione che un album come Khthonia sembra avere come minimo comun denominatore. È vero che abbiamo ascoltato soltanto una manciata di brani, ma l’input che ci è arrivato è quello di un disco di rottura, sotto tutti i punti di vista. Meno tribale ma più diretto, con sonorità industrial portate all’eccesso, in un contesto ossessivo che soffoca e che si colora soltanto per le litanie di Dalila, come sempre autrice di una prova delirante ai limiti della follia. E non è un termine a caso, visto che La Corte dei Miracoli è sita all’interno dei locali dell’ex Ospedale Psichiatrico San Niccolò. Come non è un caso che in alcuni momenti della serata, la voce di Dalila sia riuscita a dare quasi vita a quello che resta della struttura, riportando alla luce, ad oggi, tutto il dolore che le pareti hanno assorbito in quegli anni, tutta la disperazione di chi è stato internato (spesso senza un motivo reale e concreto, ma solo perché scomodo), tutta il tormento e l’angoscia di chi addosso a quelle pareti ha passato la maggior parte della sua esistenza.
Il resto è storia di una serata che si conclude in compagnia di Dalila e Danilo sui divani di Corte dei Miracoli a raccontarci questi due anni che sono passati dall’ultima volta che ci siamo visti. Buonanotte.
Set List:
1. Abyss
2. Breath
3. Susneula
4. Aniha (nuovo, in lavorazione)
5. Leviatan
6. Hacab (ambient version)
7. Lamia
8. Ind4stria (nuovo, in lavorazione)
9. Nea
10. Corpus Sonorum