Glastonbury, Inghilterra. Varcate il cancelletto di legno e vi incamminate verso la sommità della Tor, dove si staglia la possente Torre di San Michele. Il cielo è grigio, una brezza non gelida ma comunque tagliente soffia da nord spazzando via la nebbiolina che si era depositata sull’erba. Arrivati al cospetto della Torre si alza uno stormo di corvi che gracchiando inizia a volteggiare tra i merli dell’edificio: il loro gracchiare è l’unico suono che si può sentire. Varcate l’ingresso, vi sedete in una delle panchine ricavate nella fredda pietra, chiudete gli occhi e vi lasciate permeare dal misticismo del posto.
Questa introduzione può esservi utile per raffigurarvi mentalmente uno scenario nel quale far riecheggiare le note che compongono The Buried Storm di Darkher, al secolo Jayn Maiven, artista inglese che dopo un EP ed un full torna ad affacciarsi sul mercato discografico con una nuova, oscura gemma. L’etichetta che viene assegnata all’Artista è quella di “Dark Folk Doom”: in linea di massima ci trova d’accordo, anche se con questa nuova uscita il Doom si è ulteriormente ridotto a favore degli altri due generi. È difficile trovare un riferimento per poter definire al meglio “l’esperienza Darkher”: immaginate una versione ancora più rallentata e arcana di Chelsea Wolfe, una Loreena McKennitt oscura e sciamanica, ricordatevi delle atmosfere notturne e vagamente inquietanti degli Esben and the Witch di Older Terrors, ascoltatevi l’ultimo lavoro degli E-L-R (anche loro su Prophecy) e bagnatevi nelle loro distorsioni e nei loro riverberi… Con questi ingredienti dovreste poter essere in grado di farvi un’idea di cosa aspettarvi con The Buried Storm: suoni arcani, antichi, che flirtano con il folk, la musica da camera, la dark-wave e i Dead Can Dance, atmosfere brumose e ancestrali, sospese in un mondo distante e onirico. In questa nuova uscita Darkher è accompagnata da Christopher Smith alla batteria e si avvale di una serie di ospiti (soprattutto agli archi) che, con il loro apporto, contribuiscono ad aumentare il pathos dei pezzi. Protagonista del tutto rimane però, ovviamente, la voce della Maiven, setosa, ipnotica, misurata, gelida ed eterea. The Buried Storm non è un ascolto semplice o al quale ci si può dedicare in qualsiasi momento: l’album necessita delle giuste condizioni di tranquillità e di completa dedizione, per permettere agli otto brani di dispiegarsi con tutta la loro forza. Non c’è un momento fuori posto, solo tante piccole oscure gemme e una vera e propria punta di diamante, quella “Immortals” piazzata come penultima traccia che toglie il fiato, letteralmente. Sofferente, delicata, incredibilmente malinconica, dotata di un crescendo sinuoso ma allo stesso tempo potente, che una volta toccato l’apice prosegue nelle sue atmosfere sciamaniche e tribali, quasi post-metal (e anche qui il riferimento agli EatW è forte), salvo poi disciogliersi come se nulla fosse, come neve al sole. Come detto i momenti più squisitamente Doom non sono moltissimi, e si limitano per lo più a parentesi all’interno di pezzi dai toni più decisamente folk. Possiamo trovare esempi di questo tipo in “Lowly Weep”, in “Love’s Sudden Death”, nella già citata “Immortals” e nella conclusiva “Fear Not, My King“ ma, ci teniamo a ripeterlo, si tratta più di ispessimenti delle atmosfere, di variazioni nel mood generale della canzone che sono assolutamente perfette nel contesto nel quale si trovano ma che in linea di massima non ci fanno definire The Buried Storm un album Doom.
Darkher ha confezionato l’ennesimo piccolo prodigio musicale. Negli ambiti strettamente afferenti al suo genere si tratta di un nome che si sta facendo conoscere ed apprezzare velocemente, ma a parere di chi scrive non ha ancora raccolto il successo che si merita. Ci auguriamo dunque che questa sua nuova fatica possa permettere a Jayn Maiven di raccogliere quanto dovuto: sarebbe un vero peccato non tenere in considerazione questo disco e non dedicargli almeno un ascolto!
(Prophecy Productions, 2022)
1. Sirens Nocturne
2. Lowly Weep
3. Unbound
4. Where The Devil Waits
5. Love’s Sudden Death
6. The Seas
7. Immortals
8. Fear Not, My King