Attivi dal lontano 1998 i Dead Meadow pubblicano in chiusura d’anno il loro nono album, il primo per loro con la Blues Funeral Recordings. Force From Free ce li riconsegna nell’immutata veste di band che fa dell’impatto monolitico e dilatato il proprio credo di base, sicuramente plasmato e in parte ritoccato in alcuni dettagli nel corso degli anni, ma sostanzialmente fedele a sé stesso. Nati anagraficamente sulla costa Est, a Washington D.C., dove realizzano il loro debut album per la Tolotta Records del bassista dei Fugazi, decidono in seguito di spostarsi in territori più consoni a quello che avevano in mente di realizzare, finendo per stabilirsi esattamente dalla parte opposta degli States, in California.
La nuova collocazione è più che mai viva in Force From Free, album fortemente permeato di sonorità che, partendo da riferimenti al classic rock statunitense dei Sessanta e dei Settanta, in particolare il mood più “acido” di quegli anni, arrivano a toccare lidi sonori che permettono loro di emanciparsi da quel desert rock cui sono stati spesso ed erroneamente accostati. L’album rappresenta un’ipotetica liaison tra i Black Sabbath più seminali e tutto quel mondo fuzz psichedelico più affine a certe dinamiche “stupefacenti”.
Non può quindi essere visto come casuale il fatto che siano approdati alla collaborazione con l’etichetta di Albuquerque, New Mexico, terra di confine in tutti i sensi. La loro attitudine odierna ci racconta di un approccio decisamente cupo, che non lascia intravedere speranza alcuna e, di conseguenza, riflette in musica ogni inquietudine. L’unica strada per provare a uscire dal grigiore che volge al nero più profondo è quella di mettere sul piatto Force From Free e “aiutarsi” con qualche sostanza tanto illegale quanto necessaria, per entrare completamente nel mood dell’album.
(Blues Funeral Recordings, 2022) 1. The Left Hand Path
2. The Lure of the Next Peak
3. Valmont’s Pad
4. To Let the Time Go By
5. Force Form Free
6. Binah