Per chi ancora non li conoscesse, i Demiurgon sono una formazione reggiana dedita al death metal, formatasi nel 2014 delle ceneri degli Hatred, giunta nell’anno successivo alla pubblicazione dell’album di debutto Above the Unworthy grazie al quale avevano ottenuto rapidamente buoni riscontri da parte di pubblico e critica, ed ora in questo rovente giugno del 2019 ecco arrivare la loro ultima fatica intitolata The Oblivious Lure.
“Tsansas”, ovvero l’arte di creare feticci rimpicciolendo e mummificando teste umane, dà il via alle danze con un tripudio caotico di grida rabbiose e belluine, calandoci in una atmosfera di furia truculenta. Dopo poco si innestano anche gli altri strumenti e si parte con assalto a base di death metal forsennato, caratterizzato da riff vorticosi e rapidi cambi di tempo. Con la successiva “Kapalikas” si torna su coordinate più classiche e care ai Nostri, alternando up-tempo sorretti da un drumming terremotante con mid-tempo monolitici pregni di riff serrati. Giunti a “Il culto cannibale” troveremo un brano perfettamente strutturato, caratterizzato da ottime interazioni fra chitarre e basso, in cui cambi di tempo ficcanti tornano a fare la parte del leone, il tutto sorretto come sempre da un ottimo comparto tecnico che impreziosisce e consolida la resa finale. È giusto spendere alcune parole riguardo questa e le altre tre tracce cantate in italiano, si tratta sicuramente di una scelta coraggiosa, nata non tanto da una pianificazione a tavolino bensì dalla voglia di provare qualcosa di diverso, sulla scia della scelta compiuta dai Septycal Gorge con “Ultima Lucida Follia”. La prima canzone del lotto a vedere la luce fu “Teatro del coito” ideata dal vocalist Stefano Borciani, vista poi la buona riuscita del brano e l’apprezzamento anche da parte del pubblico estero i Demiurgon hanno pensato di confezionare gli altri tre pezzi con il contributo anche degli altri membri, ad esempio “Profezia di una specie morente” scritta dal batterista Riccardo “Valentz” Valenti. La title track si affida ad un incipit evocativo e stentoreo dando poi sfogo al lato più marcatamente old-school dei Nostri con richiami ai primi Deicide, infine la conclusione viene affidata a “The Day Dawn Came Twice”, un vero e proprio assalto all’arma bianca caratterizzato da soluzioni di facile presa, riff granitici ed un sound groovy, perfetto per la resa in sede live.
Con The Oblivious Lure i Demiurgon hanno dimostrato come l’undeground death metal italiano sia sempre molto attento alla qualità ed alla genuinità delle proprie opere. Ci troviamo per le mani un disco composto al 100% da metallo mortifero, senza fastidiose influenze moderne o easy listening, dotato di ottimo songwriting e comparto tecnico con nulla da invidiare a realtà più blasonate provenienti dagli USA o dalla penisola scandinava. Inoltre ritengo completamente riuscito l’esperimento dei brani cantati in italiano, cosa non sempre convincente soprattutto quando si tratta di metal estremo, successo dovuto anche all’ottimo growling di Stefano Borciani; staremo quindi a vedere come intenderanno gestire questo tipo di brani negli album futuri.
(Everlasting Spew Records, 2019)
1. Tsansas
2. Kapalikas
3. …dèi dimenticati
4. Il culto cannibale
5. Profezia di una specie morente
6. The Oblivious Lure
7. Teatro del coito
8. The Day Dawn Came Twice
7.5