Correva l’anno 2010 quando i Despised Icon diedero il via al tour di addio con il quale avrebbero viaggiato dagli States fino al Vecchio Continente, salutando tutti i fans che li avevano seguiti dai tempi della formazione, avvenuta a Montreal nel 2002. Fortunatamente, però, i canadesi hanno dopo pochi anni ritrovato l’alchimia e la coesione dei tempi andati, motivo per cui, nel 2015, sono tornati all’opera con una line-up praticamente invariata e dopo alcuni tour di “riscaldamento” si sono tuffati nella scrittura del nuovo materiale che troviamo all’interno di quest’ultima fatica, intitolata Beast.
“Bestia” è un titolo che calza a pennello per descrivere l’aggressività e l’impatto “in your face” che scaturisce da questa chicca del deathcore. I Despised Icon infatti hanno fatto parte della prima ondata di questo genere e vanno annoverati tra quelle formazioni che hanno contribuito a codificarne gli stilemi ispirando le band a venire. Il loro approccio è sempre stato totalmente old-school e 100% hardcore, pura attitudine: con queste premesse l’hype venutosi a creare attorno al nuovo arrivato Beast era indubbiamente elevato.
Per fortuna, nessuna aspettativa è stata delusa. “The Aftermath” aggredisce frontalmente con la sua mistura esplosiva di death metal ed hardcore, partendo con una sguaiata pioggia di blast-beats e riffs serrati per poi virare su mid-tempos maggiormente cadenzati di scuola NYHC. “Drapeau noir” è l’immancabile brano cantato in francese (caratteristica tipica a cui Alexandre Erian, frontman anche degli Obey The Brave, ci aveva abituato sin dal passato), caratterizzato da un approccio più death metal oriented, con riff ispirati, batteria martellante ed un finale con le tanto tamarre quanto azzeccate “gang vocals”. “Bad Vibes” è uno dei brani più immediati del lotto: si tratta di puro deathcore completamente fedele al DNA dei Nostri, nel quale ricompaiono i pig squeals gutturali che avevano riscosso grande successo nei primi due dischi della band. “Grind Forever” colpisce e lascia il segno grazie ad un incipit vorticoso, quasi caotico, seguito da stop ‘n’ go esplosivi e un rallentamento spezzacollo posto sul finale che ci riporta a quel death metal floridiano caro a Suffocation e Broken Hope. “One Last Martini” punta tutto sugli up-tempos sfoderano un rifferama rapido e spietato, su cui spicca l’ottimo screaming del secondo vocalist Steve Marois. La conclusione viene affidata alla title-track, brano completo dal carisma magnetico che riporterà alla mente i Carnifex del primo glorioso disco Death in My Arms, tra riffs monolitici ed accelerazioni al fulmicotone.
Possiamo affermare senza peccar d’orgoglio che “i maestri” sono tornati: i Despised Icon hanno confezionato un disco ispirato ed azzeccatissimo, dimostrandosi pronti a riconquistare il proprio posto sulla vetta dell’Olimpo del deathcore.
(Nuclear Blast, 2016)
1. The Aftermat h
2. Inner Demons
3. Drapeau noir
4. Bad Vibes
5. Dedicated to Extinction
6. Grind Forever
7. Time Bomb
8. One Last Martini
9. Doomed
10. Beast8.0