Capita talvolta in ambito musicale di imbattersi in fulmini a ciel sereno, in dischi o band che, usciti dal nulla, ti colpiscono immediatamente per determinate sonorità, atmosfere, modi di presentarsi al pubblico. Ecco, In Circle dei Dor è proprio questo, un fulmine a ciel sereno: un disco spuntato dalle nebbie del vuoto cosmico, che siamo certi si impossesserà di voi e non vi lascerà andare per tanto tempo. Attenzione però, non è pane per i denti di tutti, ed è necessaria una buona apertura mentale musicale per entrare appieno nell’oscuro mondo di questo gruppo del quale si sa oggettivamente molto poco.
Partito come progetto solista del chitarrista Francesco Fioretti, Dor ad oggi vede lo stesso Fioretti alla voce e chitarra, Mario Di Battista (Ulan Bator) alla voce e basso, Alessandro Vagnoni (Bologna Violenta, Drovag) alla chitarra e synth e Gabriele Uccello (Affluente) alla batteria e fisarmonica; il lavoro vanta anche la partecipazione di Sergio Pomante (Pomante Music, The Break Beast, Sudoku Killer), Paolo Raineri (Ottone Pesante) e Bruno Germano (Arto). Ok tutto molto bello, ma come suona questo album? Possiamo in linea di massima definire la proposta dei Nostri come folk apocalittico, ma in realtà sarebbe un’etichetta parziale: sono sì presenti certi connotati oscuri caratteristici del genere, ma senza quella tipica marzialità di fondo. I Dor amano muoversi su territori ora più eterei e fumosi, ora più sghembi e grotteschi, con innesti melodici quasi gitani (merito questo sicuramente di alcune linee melodiche delle chitarre): un hazy folk insomma, caratterizzato da un incedere ondivago, bislacco, cantilenante e strambo, che ci ha ricordato principalmente alcune cose dei The Black Heart Procession o di Munly & The Lupercalians, dei liguri Morose e di IJdelheid. Le parole sicuramente non bastano a descrivere il mondo musicale che troverete in queste otto tracce, ma anche solo un ascolto potrà sicuramente fare maggiore luce su In Circle. Si passa senza soluzione di continuità da territori aridi e desolati, vagamente allucinati (“Horowitz”, “Black Maps”, “Resting Ground”) a momenti più cadenzati e inquieti (“The Grave” con il suo febbrile tourbillon di cambi di tempo e di atmosfere), passando per parentesi più sognanti, fumose e incerte (“Gomelez”, “Oracle” e “Acabondo”). Di base resta un sottile mood ancestrale, magico, folkloristico, che permea tutta l’opera donandole un aspetto quasi selvatico e pagano, rievocante antichi culti e credenze popolari.
Un approccio alla materia non per tutti (e non da tutti), inizialmente ostico, ma in grado di conquistare proprio in virtù di questo suo apparente ermetismo crepuscolare: giratela come volete ma i Dor hanno indubbiamente fatto qualcosa di raro nel nostro panorama, confezionando un lavoro allucinato e sognante, a tratti cupo, a tratti cullante, dotato di una verve grottesca e bizzarra. Date un ascolto a In Circle, potrebbe sorprendervi.
(Drown Within Records, Toten Schwan Records, 2023)
1. Horowitz
2. Black Maps
3. The Grave
4. Gomelez
5. Resting Ground
6. Oracle
7. Acabondo
8. El Fin