Due anni fa ci siamo felicemente imbattuti nei Dor, realtà musicale abbastanza unica nel panorama italiano, un ensemble la cui proposta, nel disco di esordio In Circle, andava a pescare nell’antifolk e nel folk gotico made in USA aggiungendo spunti personali assai interessanti e ammalianti. Oggi i Nostri escono con un nuovo lavoro, The Dream In Which I Die, che prende le mosse da quanto fatto per seguire però orizzonti un po’ diversi, e il risultato finale alla fine forse non ne beneficia del tutto.
Dodici tracce, cinquanta minuti di una musica che perde un po’ quella componente vincente di magia cupa e ancestrale, talvolta sognante, talvolta grezza e folle, che costituiva la spina dorsale dell’esordio. Ci si concentra stavolta su digressioni più intime e minimali, ma l’anima di Americana e di dark folk viene in larga misura meno ed è presente giusto nell’approccio vocale e in alcuni passaggi: si oscilla maggiormente invece tra sussulti ai limiti del noise e intrecci acustici più sognanti e crepuscolari. Alcuni momenti mantengono quell’aura quasi grottesca e cabarettistica di In Circle, ma in generale ci sembra che sia venuto meno un tratto importante della musica dei Dor, la capacità di immergere l’ascoltatore in un mondo a parte, fatto di credenze popolari, selvatiche e pagane. Molte trame hanno un approccio quasi da opera avantgarde, concettualmente complesse e talvolta un po’ troppo intangibili, anche se restano momenti impattanti come l’apertura “Silence”, la doppietta “Rigmarole” – “When My Life Was Ebbing Away” e “The Light Keeper”, ma in linea di massima il lavoro scorre forse un po’ troppo placido e piatto, non emerge con la stessa forza e vivacità dell’esordio. Si fanno largo delle intelaiature quasi post-rock, e nei momenti maggiormente energici oltre al noise si lambiscono territori cari al math rock (stavolta ci sono venuti in mente, oltre ai Black Heart Procession, anche Shellac, Don Caballero e The God Machine, ma sono suggestioni assai personali).
The Dream In Which I Die non è un lavoro brutto, intendiamoci, solo diverso, almeno in parte, dal predecessore. Diciamo che chi ha amato In Circle potrebbe non ritrovare alcuni elementi chiave, e di conseguenza potrebbe restarne parzialmente deluso. Chi invece non ha avuto modo di ascoltare il debutto dei Dor si potrà avvicinare senza indugi a questa opera, e anzi, se le band citate poco sopra sono di proprio gradimento potrebbe aver trovato una piccola gemma musicale.
(Dischi Bervisti, 2025)
1. Silence
2. Mangiafuoco
3. Rigmarole
4. When My Life Was Ebbing Away
5. Time Machine
6. Gazing
7. Seabed Empire
8. The Light Keeper
9. Icona
10. Rest
11. Lewis
12. Nobody Knows