Il paesaggio rappresentato nella copertina scelta per il debutto degli Eard, dal titolo De Rerum Natura, è il biglietto da visita perfetto per avvicinarsi alla proposta musicale dei Nostri. Dietro il nome della band si cela un duo, MK (al secolo Mirko Albanese, polistrumentista) e Glorya Lyr, che hanno già collaborato assieme nella traccia “Exile” presente nell’ultima fatica targata Saor, Forgotten Paths, anch’essa pubblicata da Avantgarde Music. Anche in questo caso siamo di fronte a un disco di black metal atmosferico, che si avvale però di un forte e importante contributo dell’arpa, strumento suonato dalla stessa Glorya, vera e propria unica “voce” e spina dorsale di tutti i sei brani presenti nel disco; sono inoltre presenti alcuni ospiti a dar man forte ai Nostri, Emilio Crespo (Sojourner), Saverio Giove (Emyn Muil), Sara Tacchetto (Vallorch), Thomas Zonato (Duir, alla cornamusa) e Déhà (musicista questo che ha collaborato in svariati progetti).
I pezzi scorrono con estrema naturalezza, alternando sfuriate tipiche del genere a momenti più bucolici e ispirati, creando un chiaroscuro di sensazioni intrigante e appassionante. In più di un’occasione si sono affacciati alla mente di chi scrive echi provenienti da quel capolavoro dei Tristania che risponde al nome di Widow’s Weeds: non tanto per il genere proposto quanto proprio per l’alternanza di queste parentesi in maniera così omogenea e funzionale. L’arpa suonata da Glorya si esprime al massimo della sua forza in un paio di pezzi, totalmente acustici: in “Eostre” cattura l’intera scena, racchiudendo in pochi minuti l’essenza più poetica del disco e trasportandoci tra le brume di una campagna inglese al sorgere del sole in una fresca mattinata estiva. “The Lost Glen” invece, come il titolo lascia presagire, è un affaccio su una ventosa scogliera scozzese, una breve parentesi che beneficia di una soave e cullante melodia di cornamusa.
In buona parte si parla di un album la cui componente strumentale è predominante rispetto a quella vocale, affidata agli ospiti sopra citati, che comunque si integrano perfettamente nelle trame dei pezzi. Citiamo lo scream furioso di Giove, ai limiti del depressive, a guidare il pezzo in apertura; l’approccio riconoscibilissimo di Crespo nella traccia che dà il titolo al disco, e l’interpretazione di Déhà in “Eardstapa”, istrionica, cangiante e non dissimile da quanto proposto da Dan Eyre (ossia Mister Curse degli A Forest of Stars, anche se mancano i suoi estremismi teatrali folli e maniacali). Questa è forse la traccia più rappresentativa dell’anima degli Eard, un pezzo variegato e complesso nel quale tutti gli elementi finora citati si fondono in maniera perfetta portando ad un risultato veramente coinvolgente. Spesso capita che i lavori nei quali partecipano tanti ospiti finiscano quasi per essere dei “dream team” di artisti ognuno con un proprio stile, che anziché guidare la nave in un’unica direzione remano ognuno dalla propria parte, verso quella che è la propria natura: anche se non voluto in queste situazioni si ha l’effetto di un collage di canzoni prese e messe lì, ma per fortuna non è questo il caso. De Rerum Natura ha una propria identità, non dissimile a quella di un dipinto romantico inglese nel quale l’osservatore viene investito da quell’indescrivibile senso di sublime, di “bellezza terrificante”, che ti pietrifica ma che allo stesso tempo ti affascina. Collegandosi nuovamente alla copertina del disco i dolci tocchi di arpa sono le pennellate che tratteggiano le nuvole o le calme onde del mare, mentre le sfuriate black sono ben rappresentate dal tratto nervoso e frastagliato dei mattoni, rovine e monito di un qualcosa dal sapore antico e lontano del quale rimane adesso solo lo scheletro.
Gli Eard debuttano con un pieno centro: De Rerum Natura può forse peccare di ingenuità in qualche punto, ma in generale si conferma come un’uscita di spessore, ancor più se si considera che si sta parlando di un debutto. Non sono molte infatti le band che al primo colpo portano a casa il risultato pieno, a maggior ragione se si parla di progetti nei quali un nucleo di base (in questo caso il duo Mirko – Glorya) si avvale di collaboratori esterni: un progetto quindi da tenere d’occhio, e un disco che si configura già come colonna musicale perfetta per le stagioni più fredde dell’anno.
(Avantgarde Music, 2021)
1. Nocturnal Landscapes
2. De Rerum Natura
3. Eostre
4. Lessinia
5. The Lost Glen
6. Eardstapa