Gli Ecstatic Vision sono una di quelle band modello macchina del tempo, in quanto riportano alla mente in tutto e per tutto le sonorità del passato sia a livello di suoni che di stile. Si fila quindi diritti nella decade ‘65-’75 marchiata a fuoco da gruppi come Hawkwind, Amon Duul II ed in generale lo space rock o l’heavy psichedelia. Permane nuovamente la collaborazione con la nostrana Heavy Psych Sounds Records che si occupa della pubblicazione di questo nuovo Elusive Mojo. Il combo della Pennsylvania arriva da un disco decisamente dilatato, quale era For The Masses, che però peccava un po’ di monotonia puntando troppo i riflettori su acidità e psichedelia stordente formando un monolite che era arduo digerire.
Il qui presente Elusive Mojo si riallaccia all’adrenalina di episodi discografici come Raw Rock Fury, ovvero la fame per l’assalto all’arma bianca senza riserve. Il tipico turbine cosmico ovviamente rimane fortemente ancorato ai musicisti e lo stesso sax schizzatissimo tipico del loro stile è sempre vorace (“March Of The Troglodytes”) ma stavolta fa da collante in maniera tale evitare rischi inutili. La chitarra hendrixiana gonfia di wah wah irrompe come sempre eppure è ancora più dura e rocciosa e si lancia in sfrontati pestaggi hard psych dove anche lo stoner rock più deflagrante (spesso fondamentale il drumming feroce) contribuisce ad aumentare il senso di trip lisergico come nella titletrack “Elusive Mojo”. Le pulsioni psych-jazz di Soft Machine e Peter Brötzmann si scontrano con il riff furibondo e proto metal nella furiosa cavalcata “Times Up” che continua a mietere vittime anche nelle micidiali linee di basso di “The Kenzo Shake” dalla portata di feedback a cascata includendo anche delle venature garage rock. “Venom” è forse l’unica concessione al rallentamento ma è solo una finzione in quanto esplode in un marasma hard nel giro di pochi minuti fino a raggiungere un certo climax rilassato e puramente “spaziale” nell’asprezza vocale di “The Comedown” dove le vocals sono pregne di acidità. Il sax sanguinante ritorna prepotente nella mitragliata finale “Deathwish 1970” che non può non ricordare i leggendari Motörhead del mai dimenticato Lemmy, che forse non tutti ricordano negli Hawkwind e negli sconosciuti Sam Gopal in cui cantava in maniera pulita.
Un album diretto, arrembante e pieno di energia. Di facile assimilazione, forse troppo, ma rimane un ottimo esempio di come si possa fare musica derivativa risultando convincenti.
(Heavy Psych Sounds Records, 2022)
1. March Of The Troglodytes
2. Elusive Mojo
3. Times Up
4. The Kenzo Shake
5. Venom
6. The Comedown
7. Deathwish 1970