Prendete un atlante o meno romanticamente andate su Google Maps e cercate l’isola di Tristan da Cunha: si trova in un arcipelago disperso nell’Oceano Atlantico, il cui nucleo abitato più grande consta di 271 abitanti. Questo villaggio si chiama Edinburgh of the Seven Seas ed è il centro abitato più distante dalla civiltà di tutto il mondo. Florian Mallet, chitarrista degli sludgers Mudbath, ha deciso di usare questo moniker per il suo progetto solista.
La proposta è il trionfo del solipsismo: immagino il francese chiuso nella sua stanza con la chitarra e una pedaliera di una grandezza smisurata, che arrangia i brani. Un lavoro fatto di atmosfere plumbee e privo di ogni orpello ritmico. Abbiamo le note spettrali di “Eblouis par ces voiles de brum” che aprono con uno shoegaze fatto di sovraincisioni e muri di feedback. Una psichedelia colma di riverberi e suggestioni fortemente “analogiche” che portano alla mente l’elettronica vintage dei Boards of Canada si colgono nella title-track, per altro il brano più lungo del lotto. L’inserto acustico di “Cette terre où l’eau est noire” spezza l’incedere del disco con una chitarra pulita e dal suono limpido. Lo struggimento di “L’effondrement du temps” è il punto più alto di Inlandsis: suona come la rappresentazione di un paesaggio sconfinato colmo di fascino e pericoli.
(Saka Čos, 2015)
1. Eblouis par ces voiles de brume2. Insondables abysses3. Inlandsis4. Cette terre où l’eau est noire5. Profonde ivresse6. L’effondrement du temps7. Aéro nef8. Aurore boréale9. Les bienheureux de la désolation