Album numero due per i croati Emphasis, che con il loro post-rock contenente qualche piccola e timida sfuriata post-metal tentano l’ardua strada per uscire dal buio, verso la luce del successo. Sebbene la proposta del quartetto dell’Est Europa non brilli certo per una spiccata originalità, qualcosa di buono si trova nel qui presente Black.Mother.Earth.
Quel qualcosa emerge soprattutto a livello melodico, perché il vero punto di forza in questo disco è proprio il lavoro eseguito sulle melodie. L’opener track “Muna”, con i suoi arpeggi di chitarra, quelle note soffuse ed a sorpresa eteree voci femminili, punta ad emozionare in maniera semplice ed efficace. Il percorso da seguire era già chiaro ed era perfettamente nelle corde del gruppo, ma invece nel sound viene inserita una componente che anziché arricchire le canzoni tende a farle stridere. Di esempi ce ne sono molti ma basta analizzare la successiva “Iam”, contenente un crescendo riuscitissimo, distrutto e smembrato da delle vocals disperate ed urlate. Il cantato è il vero punto debole dell’album, un maldestro ed irritante tentativo di inserire delle tendenze violente (tralasciando qualche fiacca detonazione apocalittico/strumentale, specie nel brano finale “The Quiet Roads”) che come detto sega le gambe a troppi brani, slegandoli dal contesto in cui erano stati concepiti. Tutto è ben fatto, a partire dalla produzione fino alla discreta qualità delle composizioni, ma certe scelte stilistiche son state davvero mal concepite. Peccato, perché tecnicamente ed a livello di arrangiamenti gli spunti interessanti sono davvero tanti.
Black.Mother.Earth avrebbe davvero potuto far esplodere una band dalle potenzialità più che buone, ma che finisce con il perdersi nelle proprie idee. Occasione mancata, davvero per delle sciocchezze. Si spera che con il prossimo lavoro ci siano miglioramenti.
(Geenger Records, 2017)
1. Muna
2. Iam
3. Black Silt
4. Rivers Under
5. Captains of the North
6. The Quiet Roads