Gli Esben and the Witch pubblicano Nowhere nel 2018: poi tour, e un silenzio obbligato anche da quei due anni che tutti noi conosciamo e nei quali le nostre vite si sono come sospese. Un periodo durante il quale i Nostri si sono trovati ad affrontare quesiti a livello personale che hanno messo in bilico l’esistenza stessa della band, ma che hanno sicuramente marchiato a fuoco questo Hold Sacred, figlio di una gestazione iniziata in Italia nell’estate 2019 e proseguita poi in Portogallo prima ed in Germania poi lungo tutto il 2020.
Il gruppo non è nuovo ai cambi di stile: da Violet Cries del 2011 è passata tanta acqua sotto i ponti, la musica di questi ragazzi si è espressa in una miriade di lingue diverse, che hanno esplorato più universi pur mantenendo una meravigliosa identità che ha reso via via degli Esben and the Witch una creatura fragile ma bellissima, pura e dotata di stile. Ma nessuno si sarebbe aspettato una svolta come questa, anche se, a voler essere sinceri, qualche piccola avvisaglia era riscontrabile nel già citato Nowhere. Hold Sacred vede i Nostri totalmente spogliati e messi musicalmente a nudo, con uno scheletro musicale che si fonda in grandissima parte sulla bellissima voce di Rachel, attorniata da lievi tocchi ambient e synth che vanno a citare ora la dreamwave, ora il neofolk, ora lo slowcore, ora una leggera psichedelia dilatata e sognante. Sono nove brani eterei e vellutati, impalpabili, essenzialmente notturni, che parlano di spettri, paure e angosce, con un lavoro di astrazione che dal bellissimo Older Terrors si è via via sempre più interiorizzato e reso intimo. Un po’ come aveva fatto Nick Cave con il suo Ghosteen si cerca nella musica un’assoluzione, una catarsi, un tempio pagano nel quale rifugiarsi per rimettere insieme i cocci e ripartire. Ma a differenza del cantautore sopracitato gli Esben and the Witch fanno forse un passo troppo più lungo della loro gamba. Non perché non abbiano avuto i mezzi per farlo, tutt’altro! È proprio la conoscenza degli strumenti e della caratura di questi ragazzi che ci fa dire che stavolta si è osato troppo facendo qualcosa che non sappiamo quanto possa essere coraggioso e quanto comodo. Se da una parte si potrebbe pensare che i Nostri abbiano voluto proseguire il loro percorso artistico, incuranti di tutto e tutti e credendo ciecamente nella loro forma artistica (il coraggio), una vocina nella nostra testa insinua che una mancanza di idee artistiche li abbia spinti verso una soluzione più semplice e lontana da quello che avrebbero potuto fare, che permettesse loro di pubblicare in tempi relativamente brevi e con input musicali ridotti al minimo (il comodo). Hold Sacred ci appare un po’ piatto, monocorde, in larga misura privo di quei picchi emozionali che hanno sempre contraddistinto la band. Un disco che scorre placido e sonnolento, che si basa troppo come detto sull’interpretazione vocale della singer e sui testi da lei messi in musica, destrutturato in termini di cornici musicali (praticamente zero percussioni e sessione ritmica, solo leggere folate di stratificazioni melodiche), con pezzi che sfociano gli uni negli altri senza soluzione di continuità e in maniera abbastanza inconcludente, sfumando nel nulla come nebbia.
Ma crediamo anche che si tratti di un’opera che, se tocca determinate corde o se trova un tipo di terreno fertile e a lei congeniale, possa germogliare in qualcosa di unico e toccante. La sua natura così minimale e pura, come di una persona che da sola parla allo specchio e si confessa, gli permette di toccare un pubblico potenzialmente ancor più vasto di quello toccato finora dagli Esben and the Witch, e in questo ipotetico grande numero può riscontrare inaspettati estimatori. Ma personalmente, e ci spiace di cuore dirlo, si tratta di una delusione, anche e soprattutto conoscendo le potenzialità di questi ragazzi e i loro pregressi.
(Nostromo Records, 2023)
1. The Well
2. In Ecstasy
3. Fear Not
4. Silence, 1801
5. True Mirror
6. A Kaleidoscope
7. Heathen
8. The Depths
9. Petals of Ash